Tom Fletcher, sottosegretario generale delle Nazioni Unite, responsabile degli Affari umanitari e del Soccorso d’emergenza, ha avvertito che nella penultima settimana di maggio 2025 14.000 bambini a Gaza sono a rischio imminente di morte perché Israele impedisce la distribuzione degli aiuti. Francia, Gran Bretagna, Canada e una ventina di Paesi donatori hanno esortato Israele a distribuire immediatamente gli aiuti. Contemporaneamente, a Buenos Aires, legislatori di tutto lo spettro politico hanno creato una commissione parlamentare di amicizia con lo Stato di Israele, e l’ambasciatore ha celebrato l’affinità tra i due Paesi, che sarebbero tolleranti e pluralisti a causa del loro carattere migratorio. Sembra una battutaccia di Colouche, Beppe Grillo o Javier Milei, quei comici televisivi che hanno aspirato o raggiunto il potere nei loro Paesi.
Ma contemporaneamente, 17 ministri degli Esteri di Paesi latinoamericani, tra cui quattro argentini, hanno condannato il governo di Netanyahu “per la sua azione indiscriminata contro la popolazione civile di Gaza, al di fuori del diritto internazionale e, soprattutto, del diritto umanitario”.
In Sudamerica paesi divisi sul sostegno a Israele, ma l’Argentina vara la commissione-amicizia
Questa divisione all’interno del Paese e all’interno delle varie componenti di ciascun partito è replicata in diverse parti del mondo e, naturalmente, in America Latina. La gamma è ampia. Si va dal presidente colombiano Guillermo Petro, che ha definito genocidio le azioni di Israele a Gaza e ha interrotto le relazioni diplomatiche. Luis Arce, presidente della Bolivia, che ha interrotto le relazioni con Israele. Il venezuelano Nicolás Maduro, che considera gli attacchi di Israele criminali. Il brasiliano Lula da Silva, che è stato dichiarato persona non grata da Israele dopo aver affermato che la guerra di un esercito professionale contro donne e bambini è una replica di ciò che Hitler fece quando decise di uccidere tutti gli ebrei. Il cileno Gabriel Boric, che ha accusato Israele di violare il diritto internazionale.
L’Argentina di Javier Milei sostiene senza riserve Israele. Ritiene che solo eserciti il diritto di difendersi, ha annunciato il trasferimento dell’ambasciata a Gerusalemme – come gli Stati Uniti e il Guatemala – e ha definito Hamas un’organizzazione terroristica. Alle Nazioni Unite si è opposta alla piena adesione della Palestina come Stato. Insieme agli Stati Uniti e a Israele, è stato uno dei soli tre Paesi a votare contro una risoluzione generica sull’integrità dei territori contesi, che indebolisce la rivendicazione dell’Argentina nei confronti della Gran Bretagna sulle isole Malvinas.
Il salvadoregno Nayib Bukele, che nonostante le sue origini palestinesi ha paragonato Hamas alle maras, definite bestie selvagge. Il Paraguay è un sostenitore inequivocabile di Israele. Ha spostato la sua ambasciata a Gerusalemme e si è persino opposto agli appelli di per un cessate il fuoco umanitario. I leader messicani che si sono succeduti, Andrés López Obrador e Claudia Sheinbaum, hanno cercato di mantenere l’equilibrio: si sono espressi a favore della creazione di due Stati, hanno chiesto la protezione dei civili e hanno chiesto alla Corte penale internazionale di indagare su eventuali crimini di guerra .
L’Argentina ha grandi comunità sia arabe che ebraiche che hanno convissuto con un grado di integrazione che non conosco in nessun’altra parte del mondo. È stato quindi naturale per Papa Francesco pregare al Muro del Pianto insieme a un imam musulmano e a un rabbino ebreo. Nel mio caso, pur essendo ebreo, ho ricevuto un premio dalla Federazione delle Entità Arabe in Argentina per il mio articolo El niño gris, che condannava i bombardamenti israeliani sulla popolazione civile in una fase precedente del conflitto. Inoltre, ho organizzato una dichiarazione congiunta di personalità di origine araba ed ebraica, tra cui i grandi artisti Juan Gelman e Leonardo Favio, che condannano la violenza israeliana.
Per Israele, quelli di noi che hanno partecipato a queste attività di pace sono “ebrei che odiano se stessi”. La situazione attuale è la necessaria conseguenza di una politica che è stata seguita da tutti i governi di Israele. È stata descritta nel suo diario personale da Moshe Sharett, che fu vice-primo ministro di Ben Gurion e poi primo ministro egli stesso. Pubblicato molti anni dopo, rivela le provocazioni deliberate sulla popolazione palestinese per provocarne la reazione e giustificare così le azioni di terrore e sterminio. Quel complotto allora segreto è oggi proclamato a gran voce dal governo Netanyahu e perfino da Trump: costringere con bombardamenti permanenti l’esodo degli abitanti di Gaza (il cui reinsediamento nei Paesi vicini è discusso alla luce del sole) per radicare la sovranità israeliana in quei territori.