Paragon, indagini sui cellulari degli spiati. C’è anche D’Agostino, fondatore di Dagospia

Nell’ambito del procedimento sul caso Paragon, la società israeliana proprietaria del malware Graphite usato dai servizi segreti italiani per spiare gli attivisti della ong Mediterranea e inspiegabilmente installato anche nei cellulari di alcuni giornalisti, la procura di Roma ha disposto accertamenti tecnici irripetibili sui dispositivi telefonici in uso a sette persone, parti lese nell’indagine: il fondatore di Dagospia Roberto D’Agostino e l’influencer olandese Eva Vlaardingerbroek (tra i relatori del recente Remigration summit), e i giornalisti Francesco Cancellato e Ciro Pellegrino. Infine i dispositivi degli attivisti di Mediterranea Saving Humans Luca Casarini, Giuseppe Caccia e don Mattia Ferrara. Il conferimento dell’incarico avverrà lunedì. L’indagine, al momento contro ignoti, procede per accesso abusivo a sistema informatico e quanto previsto all’articolo 617 del codice penale per questo tipo di reati informatici, compresa l’installazioni abusiva di apparecchiature atte ad intercettare. L’attività tecnica, in base a quanto si apprende, è svolta in coordinamento con i pm della procura di Napoli che sulla vicenda hanno avviato un fascicolo. L’Ordine dei giornalisti e la Federazione Nazionale Stampa Italiana, costituitisi nel procedimento, potranno nominare loro consulenti per questi accertamenti.
“Lo scandalo intercettazioni illegittime esplode ogni giorno di più”, scrive Matteo Renzi sui social con l’hashtag ItalianWatergate. “Se davvero anche Dagospia è stata messa sotto controllo, come sembra, siamo davanti a una svolta clamorosa. Io non sono un fan di D’Agostino e con lui ho avuto scontri molto duri, in tutte le sedi. Ma se anche Dagospia è stata spiata e il Governo italiano continua a far finta di nulla, siamo in presenza di un fatto gravissimo. Nelle democrazie NON si spiano i giornalisti. Se si spiano i direttori delle testate giornalistiche non è più democrazia. Tutti zitti anche stavolta?”. Ancora, nella sua enews, Renzi rilancia: “Il governo Meloni-Mantovano sulla vicenda Almasri, sulla vicenda Paragon, sull’utilizzo dell’intelligence e del golden power, sulle norme scandalose del decreto sicurezza, sullo spreco di soldi pubblici in Albania è un governo che ha violato ogni consuetudine e secondo me ha violato anche leggi e contratti”.
Oltre alle procure e al Copasir, che dopo la relazione consegnata al Parlamento ai primi di giugno ha deciso di approfondire le indagini “su eventuali profili di competenza in relazione alle presunte intrusioni in dispositivi mobili rese note da altri due giornalisti nelle ultime settimane”, c’è anche la lettera appena inviata a Paragon Solutions da AccessNow, autorevole coalizione americana per i diritti digitali che all’azienda israeliana proprietaria dello spyware Graphite rivolge una serie di domande circostanziate. “Se evase da parte di Paragon, porterebbero alla luce tutto ciò che ancora viene tenuto nascosto anche dopo la relazione del Copasir”, dice il capo missione di Mediterranea Saving Humans, Luca Casarini. “A seguito della risoluzione del contratto con l’Italia, quali azioni specifiche intraprenderà l’azienda per porre fine a questo rapporto?”, chiede AccessNow, che interroga l’azienda sulle misure per evitare che i governi continuino a utilizzare il software dopo la risoluzione del contratto, come avvenuto per l’Italia. Ancora: “Quali procedure e misure di sicurezza tecniche e legali sono state messe in atto per garantire che Paragon sia in grado di rilevare, monitorare e segnalare gli abusi non appena si verificano?”. E poi l’impegno a effettuare audit indipendenti in caso di sospetto uso improprio, con quali protocolli. Inoltre, si chiede quali misure vengono adottate “per porre rimedio ai danni causati alle vittime recentemente identificate in Italia”.