Referendum, l’affluenza alle 23 è al 22%: i dati più alti al Centro-Nord. Più bassi al Sud e in Alto Adige

L’affluenza per il voto ai referendum, alle 23, si è fermata al 22% per cento degli aventi diritto. Alle 19 era del 16,1%. Nel 2011, quando ci si esprimeva per l’acqua pubblica e il quorum venne superato di sette punti, il dato comunicato alla fine del primo giorno di voto era stato del 41%. In questa occasione sono cinque i quesiti su cui gli elettori sono chiamati a esprimersi e, stando ai primi dati, lo scarto tra le schede è molto contenuto: ovvero chi è andato a votare ha scelto di esprimersi su tutte e cinque le domande. Per quanto riguarda le amministrative, l’affluenza ai ballottaggi è del 39% per cento: in calo rispetto al 46% del primo turno. Le città più grandi chiamate al voto sono Taranto, Lamezia Terme (Catanzaro), Saronno (Varese).
Referendum, i dati della partecipazione per Regione – Secondo i dati di Eligendo, i dati più alti si registrano in Toscana (27,5%), Emilia Romagna (26,2), Piemonte (24), Liguria (24), Lombardia (21). Quelli più bassi in Calabria (17%), Sicilia (16,3) e Trentino Alto Adige (12,4%). Per area geografica, secondo l’elaborazione di Youtrend: Nord Ovest 21,9%, Nord Est 19,6%, Centro 24,7%, Sud 18,8%, Isole 16,6% (+5,4). Sempre secondo Youtrend i cittadini che fino alle 19 di domenica hanno partecipato di più al voto sono quelli di Ciminna, in provincia di Palermo: ai seggi è andato il 42,7%. Dati minimi di partecipazione a Cavargna, in provincia di Como, dove hanno votato solo in due.
Gli scarti minimi tra i quesiti – La normativa prevede la possibilità di ritirare anche una parte delle cinque schede. Stando ai dati diffusi sul sito del ministero dell’Interno, gli scarti al momento sono minimi. Alle 12 l’affluenza per il primo quesito, quello sul reintegro in caso di licenziamento illegittimo è stata del 7,41%. Identico il dato per il secondo quesito, riguardante il limite delle indennità per i licenziamenti nelle aziende sotto i 15 dipendenti. Per il terzo quesito, che concerne la causale per i contratti a tempo determinato, l’affluenza sale al 7,43%. Scende di un punto, al 7,42% il dato del quarto quesito, quello sulla responsabilità in solido delle ditte appaltanti in caso di incidente sul lavoro. Anche per il quinto quesito, riguardante la cittadinanza, l’affluenza si attesta al 7,42%.
I precedenti: 78 referendum e quorum superato 39 volte – Da quello istituzionale del 1946, per scegliere tra monarchia e Repubblica, a quelli che hanno riguardato la scelta su aborto e divorzio: gli italiani sono stati chiamati a votare per un referendum 78 volte. In particolare, dal dopoguerra a oggi, sono stati 67 quelli abrogativi, 4 quelli costituzionali e uno consultivo. Per quanto riguarda gli abrogativi, il quorum del 50% più uno degli aventi diritto al voto, dal 1974 al 2022, è stato raggiunto in 39 occasioni, mentre in 28 non è stata superata la soglia. Il primo referendum fu quello del 2 giugno di 79 anni fa: 24.946.878 cittadini (89,1%) si recarono alle urne. I Sì alla Repubblica furono 12.718.641 (54,3%), i No 10.718.502 (47,73%). Il 12 maggio 1974 è la data del referendum abrogativo della legge sul divorzio. I No all’abrogazione furono 19.138.300 (59,3%) e si imposero sui 13.157.558 (40,7%) Sì.
L’11 giugno 1978 è la prima volta in cui si vota su due quesiti referendari insieme: uno per l’abrogazione della legge sul finanziamento dei partiti e l’altro sull’ordine pubblico; la percentuale dei votanti fu 81,1%. Nel maggio del 1981 gli italiani furono chiamati a esprimersi su 5 quesiti. Uno di questi proponeva di abrogare quasi completamente la legge n.194 sull’interruzione di gravidanza: il 68% dei votanti bocciò la proposta. Negli anni l’istituto della democrazia diretta è stato utilizzato per i temi più disparati: dal nucleare alle sostanze stupefacenti, dalle interruzioni pubblicitarie all’ordinamento giudiziario, fino alla caccia. Nel 1989, il primo e finora unico referendum consultivo, fu relativo al conferimento o meno di un ipotetico mandato costituente al Parlamento europeo, i cui rappresentanti italiani venivano eletti contestualmente. Il Sì vinse con l’88,3%.
Il primo referendum costituzionale si svolse il 7 ottobre 2001 e riguardava la riforma del Titolo V della Carta. Dei 49,4 milioni di aventi diritto, votarono solo 16.843.420, cioè il 34,05%. Il Sì si impose con il 64,21% contro il 35,79% dei No. Nel 2006 il referendum riguardava la riforma federalista. Il 25 giugno di quell’anno votarono in tutto 26.110.925 italiani, pari al 52,46%. Questa volta furono i No ad avere la meglio, con il 61,29% contro il 38,71% dei Sì. Il 4 dicembre 2016 gli elettori vennero chiamati a pronunciarsi sulla riforma Renzi-Boschi, che a sua volta rivedeva la riforma del Titolo V e introduceva il Senato federale. Si recarono alle urne 33.244.258, pari al 65,48%. La vittoria del No sul Sì fu netta: 59,12% a 40,88%. Per quanto riguarda il sistema elettorale, dal 1991 a oggi sono stati indetti 7 referendum. Di questi, 2 hanno avuto successo, mentre gli altri sono stati dichiarati non validi per mancato raggiungimento del quorum o sono stati bocciati dalla Corte costituzionale. L’ultima tornata referendaria è del giugno 2022, in tema di giustizia. Il quorum non è stato raggiunto: l’affluenza si è fermata al 20,9%.