Manifestare per Gaza è un atto di ribellione all’industria bellica e alla regressione occidentale

di Enza Plotino
Quanto pesano gli interessi dell’industria bellica nel decidere le guerre? Fin dagli anni Sessanta, il presidente Eisenhower metteva in guardia gli Stati Uniti sul pericolo del complesso militare-industriale. Perché da sempre, il padre dei conflitti è sempre stato quello legato ai grandi mercati e mercanti d’armi e alle multinazionali degli armamenti.
E’ il business della guerra la vera ragione della guerra stessa, in Ucraina, come nel resto del mondo. I signori della guerra che detengono più ricchezza di 4,6 miliardi di persone (dati Oxfam), hanno bisogno di un nemico da combattere o un amico da difendere. Hanno bisogno di una guerra sulla quale investire. E’ la logica base del mercato della domanda e dell’offerta. Per questo, periodicamente, esplodono conflitti e per questo il mercato delle armi non ha mai conosciuto crisi nella storia e probabilmente mai ne conoscerà.
E oggi la “Terza guerra mondiale a pezzi” denunciata fermamente da Papa Francesco, soddisfa la voracità del capitalismo di guerra, si autoalimenta e fa proseliti in occidente. Più guerre, più affari. Insomma, per dirla con Alberto Sordi: “finché c’è guerra c’è speranza”. Un sistema che ha la capacità di condizionare i rapporti internazionali, riuscendo a volte a spingere verso opzioni militari, anche quando queste non sono necessarie. Ciò che sta succedendo in Occidente con sempre più ossessione.
E tra le popolazioni dei grandi sistemi democratici si stanno diffondendo livelli di insicurezza e disorientamento impressionanti. L’insicurezza sociale, la precarietà, la distruzione del welfare, uniti alla vicenda della pandemia del Covid e oggi al clima di guerra stanno determinando un vero e proprio spaesamento, uno diffuso stato di choc.
L’insicurezza si nutre anche di una forte perdita di credibilità delle narrazioni pubbliche: buona parte della comunicazione non è finalizzata a informare i cittadini ma a manipolare l’opinione pubblica. Pensate solo a come viene rappresentato dai media il genocidio del popolo palestinese a Gaza. Lo sterminio di 60mila civili palestinesi giustificato da un atto terroristico che ha portato la morte a 1.700 israeliani, uccisi da Hamas il 7 ottobre. Una risposta feroce e sproporzionata che sta distruggendo un intero popolo tra i silenzi colpevoli dell’Occidente democratico.
Per legittimare la guerra, per convincere le persone a sacrificare la propria vita, ad accettare la distruzione delle proprie case, le lobby degli armamenti – supportate e munte dalla Nato – ci stanno imponendo una ideologia incivile. Per giustificare la guerra occorre dipingere il resto del mondo come abitato da barbari che, se non combattuti preventivamente, ci rubano il lavoro e minaccerebbero il nostro stile di vita e le nostre famiglie. La stessa Russia e lo stesso regime autoritario e repressivo di Putin con il quale, fino a tre anni fa l’occidente intratteneva rapporti economici prolifici e intensi, oggi è diventato “il nuovo Hitler”. Vi è quindi una grande “colonizzazione dei cervelli”, operata quotidianamente a reti unificate: noi occidentali siamo le vittime e gli altri, tutti gli altri, gli aggressori.
Un altro assurdo assioma è che noi occidentali siamo gli unici portatori di una civiltà superiore fondata sulla democrazia e sui diritti. Che il sistema mediatico sia nelle mani di potentati economici e politici e che la censura la faccia da padrona anche nei social, con algoritmi programmati per impedire la circolazione di informazioni fuori dal coro, è considerato regolare.
Che i diritti sociali in Occidente siano in via di disintegrazione, si fa finta di non saperlo. Non a caso la lotta alla fake news (che esistono e dilagano) viene usata dall’informazione mainstream per imporre la censura e produrre una montagna di falsità di regime. Denunciare questo stato di regressione e di buio dell’Occidente deve diventare l’atto di ribellione di tutta quella parte di popolazione che vede chiaramente il pericolo e lo vuole fermare!