Perché ai referendum il vero cristiano cattolico non può che votare Sì

Il cristiano “sa” di portare in sé il marchio di “stranierità” con cui sa riconoscere in ogni straniero che incontra nel suo cammino una parte di sé, quella che gli manca per essere completo. Il cristiano che nega il diritto di cittadinanza, in nome dell’etnia, della religione, del sesso, della cultura, commette in contemporanea tre delitti (tre peccati dal punto di vista etico-cristiano): contro la persona, contro il diritto, contro l’umanità.
Questi tre delitti assumono anche la forma di una connotazione religiosa perché toccano la “persona” in quanto “immagine e somiglianza di Dio” (Gn 1,27), degenerando in negazione di Dio e della fede. Chiunque rifiuta o rinnega “lo straniero”, dichiarandosi credente, connota Dio come “extra-comunitario” dalla propria vita, affermando al contrario la forma più subdola e micidiale di ateismo, con tutto rispetto per gli atei, persone adorabili.
Chi nega la cittadinanza a chi è presente nel territorio di un Paese qualsiasi non può pregare con il “Padre Nostro”, sigillo della fratellanza: Gesù non ci ha mai insegnato a pregare “Padre mio”, o “Padre italiano”, “Padre scozzese” o “Padre francese”, ecc. Nessuna diocesi, nessuna parrocchia, nessun prete, nessun cosiddetto credente si è mai posto la questione seguente: tra i migranti vi sono anche “fratelli e sorelle di fede” perché cristiani. Ci siamo mai chiesti come vivono la loro fede in Paesi formalmente cattolici ma razzisti come l’Italia di Salvini e Meloni? Questi sventolano Madonna e Vangeli spuri e gridano “Prima l’Italia”, ma come può un battezzato/a votarli? Come può costei, che urla “Io sono cristiana”, rispedire all’inferno cristiani come lei e sicuramente meglio di lei? Vi sono anche musulmani, buddisti, sikh, ortodossi, animisti… di ogni genere.
Noi abbiamo il dovere non di tollerarli, ma di rispettarli senza mai giudicare. Altrimenti dobbiamo buttare nel cesso il Vangelo, dove è scritto: “Andate in tutto il mondo e fate miei discepoli tutti i popoli” (Mt 28,19). Tutti i popoli significa nessuno escluso e possiamo fare discepoli tutti con la nostra “testimonianza” di vita, di comportamento, riconoscendo a tutti la stessa dignità, votando per la cittadinanza di tutti coloro che la chiedono, a determinate condizioni di natura sociale e civile: conoscere la lingua e le normative di convivenza secondo la Costituzione italiana che vieta ogni discriminazione e, secondo il Vangelo, ogni forma di proselitismo.
Un cattolico è obbligato a votare Sì per fedeltà a Dio, a Gesù, alla sua morale, alla teologia, alla Chiesa e alla dottrina sociale. Se non vota, tutta ‘questa roba’ è roba da discarica e nessuno è più legittimato a predicare il Vangelo o accostarsi ai sacramenti. Se dobbiamo essere “primi”, possiamo esserlo in accoglienza e riconoscenza del volto di Dio nel volto del migrante o di chi è ‘straniero’ occasionale, ma non per la legge di Dio. Ecco perché il voto sulla cittadinanza è dirimente per i credenti, più ancora che per i laici.
La Chiesa delle origini, nel Nuovo Testamento, nata costola del Giudaismo e della sua religione ebraica, si aprì agli “stranieri” del mondo greco, da cui ricevette la coscienza della propria vocazione universale. Senza gli stranieri evangelizzati da Bàrnaba e Paolo, la Chiesa sarebbe rimasta una piccola setta giudaica, chiusa nel ghetto della sua grettezza e soffocata nel suo stesso nascere: non prima i Giudei, ma i Greci assieme ai Giudei. Gli ‘stranieri’ Greci hanno portato problematiche gravi, con cui Paolo dovette fare sempre i conti, perché lo fecero apparire “pericoloso” davanti a quelli come Salvini e Meloni (allora furono Giacomo e seguaci) e ai “tradizionalisti” di Gerusalemme, i quali rimasero ostili sia a Paolo sia alle Chiese “extracomunitarie” della Turchia, della Grecia e di Roma e successivamente dell’Africa mediterranea. I tradizionalisti, quasi sempre, non capiscono nulla di Tradizione che è l’aspetto “più mobile” della cultura e della religione: essa, infatti, cammina sulle gambe dei popoli che sono sempre in evoluzione e cambiano continuamente.
Nella storia delle religioni e del costume, ‘tradizione’ si identifica con ‘adattamento’. Così disse e fece, né più né meno, papa Giovanni XXIII con il Concilio Vaticano II, che sancì come articolo di fede essenziale la libertà religiosa e/o di coscienza. Alla nascita della Chiesa, la lotta tra chi voleva difendere la purezza dell’identità giudaica dei primi cristiani (Pietro e Giacomo) e chi voleva aprirsi agli stranieri (Paolo e Bàrnaba) fu feroce e durissima, ma Paolo non tentò nemmeno per un secondo un compromesso e non cedette nemmeno di un millimetro la difesa della libertà, come leggiamo nella splendida lettera lettera ai Gàlati, schema della futura lettera ai Romani.
Non si può transigere sulla natura intima della fede cristiana: negare il diritto degli stranieri a essere persone in tutto uguali a noi significa negare l’esistenza stessa di Dio. Questo porterà alla distruzione della Chiesa, che sarà salvata dagli stranieri perché noi siamo nati stranieri e restiamo stranieri nel mondo (Lettera agli Ebrei e a Diognèto e Vangelo di Gv). I preti e “i cattolici da pasticceria”, che vogliono difendere il Cattolicesimo da ogni contatto con l’Islam o con qualsiasi altra religione, sono i “becchini della fede e della stessa religione”, perché noi siamo nati dai migranti Abramo e Sara nella libertà senza aggettivi e sigillati dalla Spirito di Gesù, il Maestro dell’uguaglianza, il principe della Pace, il testimone fedele della paternità di Dio che accoglie ogni uomo e donna come figli e figlie suoi e di nessun altro. Parola profetica di Paolo Farinella, prete, cittadino del mondo e del cosmo, figlio dell’Umanità e della Chiesa e del Dio di Gesù di Nàzaret.
Votare Sì ai referendum politici solo come conseguenza significa fare un atto pubblico di fede e di cittadinanza cristiana, perché testimonianza di autenticità religiosa e civile. Dice la scrittura: “Mio padre era un Arameo errante; scese in Egitto, vi stette come un forestiero” (Dt 26,5). “Abramo soggiornò come straniero a Geràr” (Gn 20,1). “Straniero o nativo della terra” (Lv 24,16). “Vi sarà un’unica legge per voi, per lo straniero e per il nativo della terra” (Nm 9,14). “Vi sarà una sola legge per l’assemblea, sia per voi sia per lo straniero che dimora in mezzo a voi, una legge perenne, di generazione in generazione” (Nm 15,15). “Non lederai il diritto dello straniero e dell’orfano e non prenderai in pegno la veste della vedova” (Dt 24,17). “Vidi… una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua” (Ap 7,9).
Così dice il Dio della Bibbia a coloro che sono indecisi e ha scelto di non votare: “Poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca” (Ap. 3,16).