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Inter-Psg, la finale di Champions che può dare un senso a tutto il ciclo straordinario di Inzaghi

I nerazzurri sono riusciti nell'impresa di tornare a giocarsi la coppa: un cammino sorprendente, con pieno merito. Per questo gruppo però la partita di questa sera sa di ultima grande occasione
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A Monaco per chiudere un cerchio. La finale di Champions League è ovviamente l’occasione per vincere un titolo storico, la quarta coppa dell’Inter dopo le due di Helenio Herrera negli Anni Sessanta e il Triplete di Mourinho nel 2010. Un’emozione probabilmente irripetibile, anche se si diceva lo stesso due anni fa a Istanbul, ma proprio per questo pensare possa succedere di nuovo in breve tempo sarebbe utopia. Per l’Inter di Simone Inzaghi, però, questa finale è anche e soprattutto la partita che darebbe un senso a tutto quanto: alle gioie e ai dolori, alle difficoltà finanziarie e ai sacrifici di mercato, allo scudetto della seconda stella vinto ma pure a quelli persi male, a Istanbul e all’indimenticabile notte col Barcellona. Al ciclo di una squadra che merita di essere ricordata per sempre.

Quando è arrivato Inzaghi sulla panchina dell’Inter ed è iniziato questo quadriennio a suo modo, comunque finisca, straordinario, nessuno si immaginava di arrivare a Istanbul. Figuriamoci a Monaco. È persino inutile ricordare qual era il punto di partenza: una proprietà sull’orlo del fallimento, l’allenatore (Conte) in fuga, lo smantellamento estivo e una squadra che sembrava destinata al ridimensionamento. E quindi quali sono state le basi su cui è stato costruito questo capolavoro calcistico, mercati di player trading, sacrifici e parametri zero, con un saldo complessivamente positivo per oltre 100 milioni mentre tutte le rivali italiane sono andate in deficit (del gap economico con quelle europee non parliamo nemmeno).

Due anni dopo, invece, i nerazzurri si ritrovano di nuovo in finale di Champions League e la seconda presenza, se possibile, è persino più sorprendente della prima. Perché quel percorso fu favorito da una congiuntura astrale nel sorteggio francamente irripetibile, che infatti non si è ripetuta. Mentre questo è stato tutto guadagnato sul campo, dal girone condotto col piglio dei favoriti, alla fase ad eliminazione diretta, dove i nerazzurri hanno buttato fuori due delle principali contendenti al titolo. Questa finale è diversa dalla precedente: l’Inter ci arriva per merito e non per caso, con consapevolezza. E poi dall’altra parte ci sarà un avversario fortissimo (il Psg di Luis Enrique) ma non ingiocabile come sembrava il City di Guardiola (che poi in campo lo fu meno del previsto, aumentando i rimpianti). Insomma, l’Inter stavolta ci crede.

Se c’è un punto di contatto, però, tra le due edizioni, è che oggi come allora, oggi molto più che allora, questa partita può rappresentare davvero il coronamento di un ciclo. E forse anche la sua fine. La stagione, chiusa con troppo affanno, fisico e mentale, ha detto che la squadra ha bisogno di ringiovanire. L’Inter che perse ad Istanbul cambiò profondamente l’anno successivo e non è un caso che poi abbia vinto: se ne andarono Brozovic (cedendo definitivamente la regia a Calhanoglu) e Lukaku, è arrivato Thuram che è diventato il cardine della formazione delle ultime stagioni. Sembrava un punto di arrivo, invece quella sconfitta fu una tappa intermedia, portò autostima ed energie che hanno gettato le basi per ripresentarsi qui oggi. Però l’ossatura di base era anche molto più giovane e permetteva un restyling mirato. La situazione adesso è ben più radicale, perché il processo di rinnovamento arriva a mettere in discussione persino la mente, viste le voci sul possibile addio di Simone Inzaghi, che ha plasmato questa squadra a sua immagine e somiglianza; tutto ciò che ha fatto, nel bene o nel male, lo deve a lui.

Per tanti a Monaco potrebbe essere l’ultima volta: Acerbi, Darmian, Mkhitaryan, De Vrij magari non vestiranno più la maglia nerazzurra. Per tutti, forse, sarà l’ultima occasione: Calhanoglu, Barella, Dumfries, i senatori veleggiano verso i 30 anni, difficile che ricapiti una terza finale, c’è chi non ne gioca una nell’intera carriera e loro ne hanno già vissute due. Perciò, comunque vada, a Monaco questa squadra completerà la sua storia. Bisogna solo scrivere il finale.

X: @lVendemiale

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