La musica contro il potere, o almeno contro un certo tipo di potere. Dopo le recenti bordate di Donald Trump contro Bruce Springsteen – reo di aver criticato la nuova amministrazione e di aver pubblicato un EP, “Land Of Hope And Dreams“, contenente un duro sfogo contro il governo Usa – un altro gigante del rock si schiera apertamente a difesa del “Boss”. È Bono Vox, il carismatico frontman degli U2, che, ospite del talk show serale di Jimmy Kimmel per presentare il suo nuovo documentario “Bono: Stories of Surrender” (accolto da una lunga ovazione al Festival di Cannes), non ha usato mezzi termini.
Interrogato da Kimmel sullo scontro tra Springsteen e Trump, Bono ha risposto con una frase destinata a diventare virale: “Mettiamola così: per me c’è solo un Boss in America“, un chiaro riferimento al soprannome di Springsteen. Il leader degli U2 ha poi commentato direttamente un post al veleno pubblicato da Donald Trump sulla sua piattaforma Truth Social il 18 maggio. Nel messaggio, scritto in maiuscolo e senza punteggiatura, il presidente Usa accostava Springsteen e lo stesso Bono a Beyoncé e Oprah Winfrey, figure spesso critiche nei suoi confronti. La reazione di Bono è stata intrisa di ironia: “Non potrei immaginare una compagnia migliore: suonerei il tamburello in una band così!”.
Ma l’intervento del musicista e attivista irlandese si è fatto più serio quando ha affrontato le minacce di indagine ventilate da Trump poche settimane fa nei suoi confronti (nonostante Bono non sia cittadino statunitense) per presunti contributi illegali alla campagna elettorale della vicepresidente dem Kamala Harris. “Gli U2 e io non siamo mai stati pagati né abbiamo mai suonato a un concerto per sostenere un candidato di nessun partito. Non è mai successo”, ha dichiarato con fermezza. E non ha risparmiato una critica alla piattaforma di Trump: “So che si chiama Truth Social, ma mi sembra piuttosto antisociale e molte volte non è veritiero per niente”.
Il sostegno di Bono a Springsteen arriva a poche ore di distanza da quello di altri grandi nomi della musica come Neil Young, i Pearl Jam e Tom Morello. Il chitarrista dei Rage Against the Machine aveva commentato, tagliente: “Trump è arrabbiato perché Bruce attira un pubblico più vasto“. Si allunga così la schiera di artisti che difendono il “Boss” dagli attacchi del Partito Repubblicano, innescati dalle sue prese di posizione critiche verso la nuova amministrazione americana