La protesta dei docenti di un liceo di Magenta: “Il ministero vuole i bersaglieri nelle scuole, diciamo no”

“No ai bersaglieri nelle scuole”. A opporsi all’ennesimo ingresso delle forze militari nelle classi sono un gruppo di docenti del liceo Bramante di Magenta che hanno “scoperto” un protocollo d’intesa firmato tra il ministero dell’Istruzione e del Merito e l’Associazione nazionale Bersaglieri con la finalità di promuovere i valori della Costituzione all’interno delle istituzioni scolastiche nell’ambito della disciplina di educazione civica. Nulla di diverso, apparentemente, da quanto viene svolto da altri enti.
Gli insegnanti del Bramante, tuttavia, sono andati a spulciare le carte e hanno trovato che gli intenti espressi nel protocollo – benedetto lo scorso anno alla Camera dalle deputate di Fratelli d’Italia Paola Frassinetti e Paola Chiesa – sono quelli di promuovere la conoscenza della storia risorgimentale attraverso il percorso che ha portato all’unità nazionale; di sostenere la conoscenza dei simboli ed elementi identificativi della Repubblica: l’emblema, il tricolore, lo stendardo, l’inno nazionale e l’Altare della Patria oltre a promuovere e infondere i valori etici quali il rispetto per lo Stato e per i caduti e “l’amor di Patria”.
Tra tutti anche quello di sensibilizzare sui valori della convivenza tra popoli e dell’incontro tra culture e religioni diverse, al fine di diffondere e sostenere tra i giovani il concetto di legalità anche per contrastare ogni forma di violenza e sopraffazione. “Peccato – scrivono i docenti che con una missiva si sono rivolti al ministro Giuseppe Valditara e ai colleghi di tutt’Italia – che tali scopi sono perseguiti attraverso l’appoggio ad un’associazione che si discosta fortemente da essi. I bersaglieri hanno infatti tra le loro principali finalità quella di ‘custodire le tradizioni del Corpo ed esaltarne lo spirito come stile e concezione di vita’ e un decalogo valoriale che prevede: obbedienza, rispetto, conoscenza assoluta delle proprie armi, ginnastica di ogni genere, sentimento della famiglia, rispetto delle leggi e onore al Capo dello Stato oltre che alla Patria, fiducia in se stessi sino alla presunzione. Nella maggior parte di questi dettami noi non riconosciamo noi stessi e non riconosciamo il senso del lavoro educativo che svolgiamo”.
I professori firmatari citano anche il priore di Barbiana: “Insegniamo ai nostri studenti ad esercitare la loro ragione, lo spirito critico che porta alla libertà di manifestare le proprie idee secondo quanto garantito dall’articolo 21 della Costituzione e che può anche condurre al dissenso, alla costruzione di nuovi pensieri e di nuove regole. Sulla scia degli insegnamenti di don Milani siamo addirittura convinti che ‘l’obbedienza non è più una virtù'”.
Chi si oppone al protocollo non ne vuol sapere nemmeno del sentimento alla famiglia: “Noi consideriamo le diverse forme di famiglia come ambito primario della crescita personale, come luoghi che possano porre le condizioni adeguate allo sviluppo il più possibile armonioso dell’essere umano. Non pertiene al nostro lavoro porre la famiglia come un obiettivo da perseguire a ogni costo né rivestirla di una sacralità che esula dalle nostre competenze”.