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I giovani sanno pochissimo del sistema sanitario. Ignorati anche gli screening oncologici gratuiti. Il report Gimbe

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I giovani italiani non conoscono il funzionamento del sistema della sanità pubblica nel loro Paese. O meglio, lo Stato non mette in campo le azioni necessarie per far sì che uno studente, arrivato agli ultimi anni delle scuole superiori, abbia gli strumenti adeguati per riconoscere il valore della sanità pubblica. Oltre la metà dei ragazzi, infatti, non sa cosa sia il ticket, ovvero la quota che i cittadini versano per contribuire alle spese del Ssn. Il 20% non conosce il suo medico di famiglia. L’82% non ha mai usato il Fascicolo sanitario elettronico, né per sé né per un suo parente, mentre poco più del 50% sa quali siano gli screening oncologici gratuiti.

Una mancanza di alfabetizzazione sanitaria che favorisce la diffusione di disinformazione e false credenze in questo ambito. Un approccio culturale sbagliato che priva di efficacia le già ridotte, e sottofinanziate, misure di prevenzione messe in pratica nel nostro Paese, con possibili ripercussioni sulla salute della popolazione e sul corretto utilizzo dei servizi.

È ciò che emerge da un’indagine realizzata dalla Fondazione Gimbe nelle scuole superiori. Il progetto ha coinvolto oltre 5.500 studentesse e studenti degli istituti di tutta Italia. Durante gli incontri, i partecipanti hanno risposto a quiz interattivi su temi cruciali come il funzionamento del Ssn, la prevenzione e l’uso degli strumenti digitali. “L’obiettivo è raccogliere dati oggettivi sul livello di conoscenza dei giovani in merito alla sanità pubblica, così da orientare in modo mirato ed efficace le strategie di informazione e formazione”, afferma Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione. “La difesa del diritto costituzionale alla tutela della salute, prosegue, deve coinvolgere anche le nuove generazioni, già a partire dall’età scolastica”.

Il problema della mancanza di campagne di informazione e di educazione nei confronti dei giovani è stato sottolineato a Ilfattoquotidiano.it anche da Francesco Cognetti, presidente della Foce (ConFederazione degli Oncologi, Cardiologi e Ematologi). Commentando i bassi tassi di adesione agli screening oncologici gratuiti, Cognetti ha sottolineato come, per invertire la rotta, sia necessario iniziare a trasferire alla popolazione una solida cultura della prevenzione già in giovane età. In tal senso, i risultati emersi dall’indagine di Gimbe evidenziano perché in Italia i tassi di adesione ai programmi di prevenzione dei tumori siano ancora insufficienti e molto lontani dagli obiettivi richiesti dalle istituzioni internazionali.

Alla domanda “Quali sono i tre programmi di screening oncologici offerti gratuitamente dal Ssn?”, solo poco più della metà degli studenti ha risposto correttamente, identificando i tre screening oncologici inclusi nei Livelli Essenziali di Assistenza: mammella, cervice uterina e colon-retto. Il resto del campione ha fornito risposte errate o ha ammesso di non saperlo. “Anche se il campione è composto da ragazzi ancora lontani dall’età per accedere agli screening , commenta Cartabellotta, queste lacune confermano l’urgenza di rafforzare l’alfabetizzazione sanitaria già a scuola. Conoscere l’esistenza e il funzionamento degli screening oncologici significa promuovere la cultura della prevenzione e, in prospettiva, migliorare l’adesione futura ai tre programmi efficaci e gratuiti che il Ssn offre per ridurre la mortalità specifica per quei tumori”.

Inoltre, dall’indagine emerge che il 71,9% degli studenti pensa che sia sempre utile sottoporsi a esami di laboratorio, o strumentali, per diagnosticare precocemente qualsiasi tipo di tumore. Secondo Gimbe, questa convinzione sbagliata nasce da un grave errore in cui incappano molte campagne di sensibilizzazione: confondere la prevenzione con il ricorso indiscriminato ai test diagnostici. Una forma di “consumismo sanitario” che, spiega Cartabellotta, “alimenta esami inutili, determina spreco di risorse ed espone ai rischi della sovra-diagnosi e di trattamenti non necessari”.

In compenso, un elemento che non sfugge ai giovani italiani è che il diritto alla salute non è garantito in egual modo in tutto il Paese. Due studenti su tre, infatti, sono consapevoli delle disuguaglianze regionali in sanità. “La parte mezza vuota del bicchiere è rappresentata da quel terzo di ragazzi che non prende posizione o che non percepisce i divari territoriali. È il segno che c’è ancora molta strada da fare per rendere tutti pienamente consapevoli dei diritti che dovrebbero essere garantiti ovunque”, conclude Cartabellotta.

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