Garlasco, la nuova ipotesi dei pm su Andrea Sempio: “Impronta 33 lasciata senza scendere i gradini”

Come è attestato nella ricostruzione dell’omicidio di Chiara Poggi – agli atti dei processi contro Alberto Stasi – l’assassino non fece i gradini della scala che portava alla tavernetta, dove il corpo della vittima fu lanciato, scivolando a testa in giù fino al nono gradino. A distanza di alcuni giorni dalla diffusione della notizia che sulla parte destra delle scale c’è un’impronta – la numero 33 – attribuita ad Andrea Sempio (15 punti di contatto), la procura di Pavia ritiene di poter spiegare che il 37enne indagato per concorso in omicidio con Stasi o con ignoti, lasciò quella traccia (non insanguinata, il rosso è dovuto a un reagente) appoggiandosi alla parete dalla parte alta della scala e sporgendosi.
Stando alla ricostruzione attualmente agli atti l’assassino sollevò il corpo della vittima – che pesava circa 50 chili – con due mani e la scagliò. Una vittima che aveva tagli alla fronte e il cranio sfondato e sanguinava e il cui corpo fu trascinato dall’assassino. Sempio, quindi in questa nuova ipotesi ricostruzione, non solo indossava scarpe 42, ma avrebbe avuto la mano destra completamente pulita nel momento in cui avrebbe appoggiato la mano sulla parete. Ma è stato accertato che almeno mano dell’assassino invece era insanguinata perché sul pigiama parte destra di Chiara Poggi erano state fotografate delle impronte, impronte andate perdute (fotografate ma non rilevate, ndr) – come scoprì la pg Laura Barbaini nel processo d’appello bis – quando il corpo fu rigirato e la maglietta si intrise di sangue. Una dinamica dell’azione questa formulata dagli inquirenti compatibile col fatto che, come accertato dalle precedente indagini, non sono state trovate impronte insanguinate di scarpe dell’assassino sui gradini verso il basso. Accanto all’impronta 33, più in basso erano state trovate impronte di Marco Poggi, di un carabiniere e altre ignote.
La nuova ipotesi dovrà passare al vaglio di accertamenti tecnici di ricostruzione completa della scena del crimine. Già nel 2020 gli investigatori dell’Arma dei carabinieri la ritenevano l’impronta dell’assassino, anche se era stata ritenuta inutile e scartata dal Ris nel 2007 dopo due test, compreso quello che rileva il sangue. Oggi si aggiunge che potrebbe essere stata lasciata appoggiando, dalla cima delle scale, la mano sulla parete destra del muro, al massimo scendendo anche solo un gradino. L’assassino, però, come è stato accertato aveva almeno una mano sporca di sangue, calzava scarpe taglia 42 con la suola a pallini anch’esse sporche di sangue. Sangue trovato e impronta di suole trovate sul tappettino del bagno.
L’impronta delle scarpe – Sempio, vale la pena ricordarlo ancora una volta, calza e calzava il 44. Tuttavia, proprio sulla taglia di quella scarpa ha effettuato una consulenza la difesa dell’ex bocconiano, sostenendo che potrebbe essere anche una 44, e un nuovo accertamento è stato già disposto anche dai pm di Pavia. Sul fatto che non ci potesse essere molto margine sulla taglia è già intervenuto più volte l’avvocato di parte civile, Gian Luigi Tizzoni, che ha spiegato che erano state chieste spiegazioni alla fabbrica produttirce. Al FattoQuotiano il legale aveva detto: “L’aggressore indossa un numero di scarpe 42, c’è un margine di un mezzo numero, mezzo centimetro. Era stata interpellata la fabbrica produttrice che ha confermato che non produce scarpe con suole che si adattano a misure diverse, che loro le producono esclusivamente per la singola misura. Che sia quella scarpa Frau ora non c’è più dubbio. Quindi questi sono dei dati che bisognerebbe far conciliare sempre con un uomo o una donna ma che dovrà per forza, uomo o donna che sia, indossare quel tipo di scarpa Frau numero 42 ed essere stata l’unica persona: perché in casa due persone non ci sono state”.
Operante che non consegnò le scarpe – Una nuova rilettura e analisi saranno fatta probabilmente anche su tutte le impronte di scarpe che vennero repertate all’epoca. Aspetti questi che, però, dovranno anche tenere conto del fatto che nelle prime indagini, come segnalato dai carabinieri in un’annotazione del 2020, ci fu un errore su questo fronte. Il Ris, infatti, acquisì tutte le scarpe di “coloro che ebbero accesso alla scena del crimine”, per effettuare un confronto con le tracce di suole repertate, ma “almeno uno degli operanti”, un investigatore, “consegnò un paio di scarpe che non erano quelle che indossava” il giorno del sopralluogo, quel 13 agosto di 18 anni fa. All’epoca, dunque, quella “comparazione per esclusione” fu “sicuramente, quantomeno, parziale”. Operante con scarpe 42 che bisogna quindi immaginare – nell’estrema ipotesi – pestare un tappetino di sangue corrispondente alla posizione in alto del dispenser dove furono trovate le impronte di Stasi. Intanto i pm pavesi stanno ancora cercando l’involucro con dentro pezzi di intonaco del muro su cui è stata trovata la “papillare 33” per eventuali analisi biologiche. Per ora non si trova e bisogna capire se dal Ris di Parma possa essere, poi, finito negli anni scorsi da qualche altra parte.
Diciotto anni di perizie e consulenze – In fase di indagine, come ricorda l’Adnkronos, sono dieci le consulenze che l’allora pm di Vigevano Rosa Muscio, la difesa di Stasi e la famiglia della vittima hanno depositano. I primi dissidi sono sull’orario della morte stabilito e modificato dal medico legale, su cui ora nuovamente gli inquirenti discutono. In primo grado il numero di consulenze e perizie – con esperti scesi in campo anche su indicazione del giudice per le indagini preliminari di Vigevano Stefano Vitelli – superano quota 15 e nell’appello bis a Milano sono una dozzina.
Centrale è come si muove l’assassino. La perizia del gup si fermò al piano terra e disattende il racconto di Stasi che diceva di aver sceso uno-due gradini per vedere la fidanzata morta sulle scale. La perizia disposta dai giudici di Milano è perentoria: è infinitesimale la possibilità che possa non essersi sporcato le scarpe scendendo le scale, scrivono i professori Gabriele Bitelli e Luca Vittuari, insieme al dottor Roberto Testi. Per lo Stasi ‘scopritore’ è dello 0,00038% la possibilità di avere le suole pulite se si ferma al primo gradino, se scende anche il secondo è dello 0,00002%. Per la ‘Bloodstain pattern analysis’, disciplina che studia le macchie di sangue e le loro traiettorie sulla scena del crimine, la macchia di sangue davanti all’ingresso dove la vittima viene colpita la prima volta si forma “in meno di tre minuti”, il corpo viene trascinato e gettato giù dalla cima delle scale, quindi l’assassino va in bagno.
Al centro dell’incidente probatorio ci sono anche le sessanta impronte rilevate dal Ris di Parma con polveri e adesivi nella villetta di via Pascoli, tra cui la numero 10 – vicino alla maniglia interna della porta d’ingresso – che ha attirato l’attenzione dei carabinieri ma non è attribuibile a dire della stessa Procura a Sempio. Sui para-adesivi si annuncia già battaglia: “C’è un forte rischio contaminazione, l’ipotesi è che non avendo utilizzato pennelli singoli per evidenziare ciascuna traccia, non si può escludere che ci sia stato un ‘trasferimento’ di materiale pennellando da una all’altra” avverte il consulente della famiglia Poggi, il genetista Marzio Capra che ha partecipato fin dall’inizio all’indagine sull’omicidio.
Profilo psicologico – Il Racis è al lavoro oramai da qualche giorno per tracciare il profilo di Sempio. I carabinieri hanno già raccolto il materiale, tra cui appunti e altri scritti sequestrati un paio di settimane fa. Un profilo del nuovo indagato incrociato con l’analisi di tutto quanto trovato durante le perquisizioni, e ritenuto utile per le nuove indagini, potrebbe portare a ipotizzare un movente.