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Cara Alaa Al Najjaar, tu non sei ucraina e questo cambia tutto: il tuo è un dramma di serie B

Scrolliamo le bacheche dei social sui nostri smartphone, ci indigniamo, ma di fronte ad un tale mare d'ipocrisia, a volte, ci pare proprio di essere impotenti
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di Riccardo Bellardini

Cara Alaa-Al-Najjaar, tu sei una pediatra coraggiosa. Ami tanto i bambini. Li ami così tanto da averne avuti ben dieci, come scrive Repubblica. Certo, li ami sicuramente più di Netanyahu, anche se questo Repubblica non lo scriverà mai. Più di Putin sì, questo l’avrebbe potuto scrivere.

Ma mia cara Alaa, tu non sei ucraina, e questo cambia tutto. Sono logiche mediatiche che forse tu stenterai a capire.

Per evidenziare la tragicità e l’orrore di ciò che hai dovuto subire, di quel missile israeliano che ha polverizzato la tua casa e le vite che avevi generato, dovremo agire sotto banco, furtivamente. E tu ti chiederai se davvero questo può accadere in un mondo che s’è sempre ritenuto emblema di ogni libertà. Sì, purtroppo è così. È la realtà. Lo sanno tutti e non cambia niente.

Il Presidente della Repubblica del paese in cui vivo non dirà una parola sul tuo dramma, ma quando c’è da paragonare la Russia al Reich nazista va diretto, se ne frega delle crisi diplomatiche che ne possono conseguire. La Presidente del Consiglio fa lo stesso: si aggrega al coro incendiario da una parte mentre tace dall’altra, però non è detta l’ultima parola: forse prega in silenzio per te, ha sempre detto fieramente d’esser cristiana d’altronde. I suoi ministri pure, fanno orecchie da mercante. E’ così che vanno, tristemente, le cose.

I tuoi figli, cara Alaa, non sono rimasti vittime di un drone russo, e questo è determinante. Quei poveri ragazzi non sono neanche al livello della giovane e avvenente giornalista restituita qualche tempo fa, con segni brutali di tortura e senza organi, marchiata dall’orrore del regime putiniano. I tuoi figli, cara Alaa, sono vittime di un leader democratico, che porta avanti il suo piano militare deciso democraticamente, sostenuto dai suoi amici democratici, che cerca i terroristi ovunque per eliminarli, e chi può dire che non fossero nascosti in casa tua? Che qualcuno dei tuoi molti figli non fosse già un tagliagole in erba? La morale ha standard estetici, come diceva un grande filosofo.

Dunque, questo terrorismo è un bel problema. Un cumulo fangoso. Un’orda di scarafaggi che invade una storia di fatta di splendide farfalle.
Tipo quelle che hanno sfilato sul red carpet a Cannes insieme a Bono Vox e Sean Penn. Soldati ucraini, eroi difensori dell’ordine costituito, in mimetica, simboli di resistenza, e tu ti chiederai, guardando ciò che arriva nell’ospedale di Khan Younis in cui lavori, e vedendo di fronte a te i corpi straziati dei tuoi figli e di altre centinaia di bambini, qual è la resistenza vera. È quella di un popolo chiuso dentro un campo di concentramento con telecamere accese 24 ore su 24, che subisce l’indicibile nell’indifferenza totale, o quella di chi nella gran parte dei casi viene costretto con la forza a combattere per continuare una guerra stremante aizzato dal sogno di una vittoria irraggiungibile?

La resistenza è soprattutto quella di chi non imbraccia alcuna arma. Di chi è innocente. Di chi ancora pensa che la guerra sia una grande, colossale infamia. È quella degli innocenti di Gaza, di Ucraina, delle zone di confine russe (perché anche loro subiscono attacchi), degli altri luoghi dimenticati dai grandi media, dove imperversano feroci conflitti. Ma oggi è tutto fuorviato.

Cara Alaa, è il potere a decidere se il tuo dramma è di serie A o di serie B. Questo è l’oscuro mondo in cui ci troviamo a vivere. Siamo annichiliti. Scrolliamo le bacheche dei social sui nostri smartphone, ci indigniamo, ma di fronte ad un tale mare d’ipocrisia, a volte, ci pare proprio di essere impotenti. Scusaci.

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