Venezuela al voto, altri stranieri arrestati da Maduro. Ma dopo le elezioni i detenuti politici sperano nella distensione

In Venezuela sono cento gli stranieri dietro le sbarre, su un totale di 900 prigionieri politici. Gli ultimi arrestati sono un argentino, un bulgaro e uno spagnolo. I primi due sono stati liberati nelle ultime ore, mentre del prigioniero bulgaro non si hanno notizie. Erano stati accusati di pianificare “atti terroristici” per sabotare le elezioni del 25 maggio, che rinnoveranno tutto il Parlamento oltre a eleggere i governatori dei 23 Stati che compongono il Paese sudamericano più quello della cosiddetta ‘Guyana Esequiba’, il territorio rivendicato da Caracas e che forma i due terzi del territorio della confinante Guyana. In sostanza, oltre 21 milioni di venezuelani sono chiamati a eleggere 24 governatori statali e 285 membri dell’assemblea nazionale, dopo una campagna elettorale decisamente sottotono. Si tratta di una prova cruciale per il governo Maduro, e i sondaggi della vigilia fanno pensare a una valanga di voti per lui. Sarà infatti record negativo di affluenza, con l’astensione prevista all’84,6% secondo Meganalisis: un gol a porta vuota per il presidente venezuelano, che ha l’opportunità di consolidare il proprio governo sulle macerie di un’opposizione divisa e senza bussola. Da un lato c’è la fazione della lady di ferro, Maria Corina Machado, che invita a non votare e sembra avere la meglio. Poi ci sono gli altri leader dell’opposizione, che rivendicano la via elettorale come l’unica possibile per cambiare le cose. Ma il risultato elettorale potrebbe influire sul destino dei detenuti politici: fonti di Caracas ritengono che “una volta vinte le elezioni, e quindi consolidato al potere, il Palacio de Miraflores non avrebbe più ragioni per trattenerli in carcere. In sostanza, non avrebbe più nulla da temere”.
Le ultime detenzioni – Gli ultimi stranieri arrestati sono un argentino, un bulgaro e uno spagnolo, ha dichiarato il ministro dell’Interno e della Giustizia Diosdado Cabello nella sua trasmissione “Con el mazo dando” mentre denunciava un piano per “sabotare le elezioni” di domenica 25 maggio. In pericolo – sempre secondo Cabello – sono ambasciate, caserme e altri luoghi sensibili. Lo sarebbero anche i leader politici: non solo quelli del governo, ma anche coloro che fanno riferimento alla fazione delle opposizioni che parteciperà al voto, ignorando le indicazioni di Machado. Proprio lei avrebbe orchestrato il piano, sostiene Cabello, che si è rivolto a stranieri e oppositori dicendo: “Se venite qui a cospirare, verrete presi”. Il 20 maggio altre 38 persone sono state arrestate e tra loro ci sono 17 stranieri: la maggior parte, ha detto il ministro, proveniva dalla Colombia e trasportava “ordigni esplosivi”, con l’intenzione di destabilizzare il Paese. A sua volta, Bogotà ha detto di non aver ricevuto nessuna informazione a riguardo. Maduro ha anche ordinato la chiusura delle frontiere aeree, terrestri e marittime fino a lunedì 26 maggio per “preservare l’inviolabilità dei confini del Paese”. Sulla decisione incidono anche le recenti tensioni con Guyana, regione ricca di petrolio.
“Porta girevole” – Negli ultimi giorni Caracas ha rilasciato il veterano di guerra Usa Joseph St. Clair. Inizialmente era stato ipotizzato che la sua liberazione fosse legata a una proroga della licenza per Chevron, ma la smentita è arrivata dal dipartimento di Stato americano: la compagnia petrolifera dovrà lasciare il Venezuela il 27 maggio come previsto, contraddicendo l’inviato speciale di Donald Trump Ric Grenell secondo il quale il presidente aveva autorizzato un’estensione della presenza dell’azienda nel Paese sudamericano. In ogni caso, la liberazione di St.Clair, ha detto Alfredo Romero, avvocato e fondatore dell’ong Foro Penal, “è l’effetto porta girevole”, riferendosi a una prassi consolidata che consiste nel “liberare alcune persone e arrestarne altre”, evitando così di sollevare troppa attenzione da parte della comunità internazionale. Vale la pena sottolineare che nell’ultimo decennio il Paese ha registrato oltre 16mila detenzioni a sfondo politico. E con l’avvicinarsi delle elezioni crescono gli arresti degli stranieri poi, di solito, tendono a scendere. È successo così anche dopo l’elezione presidenziale del 2024, quando le detenzioni a sfondo politico hanno sforato la soglia delle 2mila calando nei mesi successivi.
Gli italiani detenuti – Non pochi detenuti sperano nel loro rilascio. Tra gli italiani c’è Alberto Trentini, il cooperante arrestato lo scorso 15 novembre mentre lavorava a Guasdualito per conto dell’ong Humanity & Inclusion, e sul quale la Farnesina sta svolgendo un intenso e delicato lavoro diplomatico in collaborazione con la sua avvocatessa, Alessandra Ballerini, e i familiari. E l’aspettativa aumenta con l’apertura alla visita consolare e la chiamata concessa da Caracas lo scorso 16 maggio. Aiutano anche le iniziative compiute a suo favore da parte della società civile: le quasi 106mila firme su Change.org e le 2mila adesioni al digiuno a staffetta. Altro caso, emerso di recente, riguarda il riparatore di armi Giancarlo Spinelli, rinchiuso nell’Helicoide dal 21 febbraio 2024 con accuse di terrorismo e tradimento alla paria e poi trasferito a Yare III. Altrettanto significativi sono i casi di Americo De Grazia, Biagio Pilieri e altri esponenti politici con doppia cittadinanza. De Grazia, arrestato l’8 agosto dell’anno scorso, presenta un quadro sanitario assai delicato: soffre di diabete e nel mese di febbraio i familiari hanno riferito la presenza di infezione polmonare e altri problemi di salute. Anche Pilieri, di 59 anni, arrestato il 28 agosto 2024, resta sotto la lente delle organizzazioni per i diritti umani nel Paese in quanto soffre di patologie cardiovascolari e ipertensione. Nell’elenco spuntano anche i nomi di Daniel Enrique Echenagucia, Perkins Rocha e altri concittadini dietro le sbarre. Per alcuni di loro si stanno aprendo possibili prospettive di mediazione, come accaduto per Oreste Alfredo Schiavo.
La gaffe di Maduro – Intanto, a due giorni dalle controverse elezioni regionali e parlamentari, il presidente ha commesso una clamorosa gaffe ammettendo che la sua forza politica è una minoranza nel Paese. “Il chavismo è una minoranza e vincerà le elezioni”, ha detto durante l’evento di chiusura della campagna del Gran Polo Patriótico a Caracas, una frase che è rapidamente diventata virale sui social ed ha scatenato un’ondata di reazioni. La dichiarazione, pronunciata tra le grida e gli applausi dei suoi sostenitori, è stata interpretata dagli utenti del web come un tradimento inconscio dell’erede di Hugo Chavez, evidenziando ciò che vari sondaggi e studi politici hanno indicato negli ultimi anni: ovvero che il ‘chavismo’ gode di scarso sostegno popolare e mantiene il potere grazie alla repressione, al controllo istituzionale e all’appoggio dell’esercito.