Giornata mondiale dell’Africa: oltre gli stereotipi, c’è un polo in trasformazione

di Gianlucka Estrella Cappelletti e Lucrezia Tessari
Ogni anno, il 25 maggio, si celebra la Giornata Mondiale dell’Africa, anniversario della nascita dell’Organizzazione dell’Unità Africana, oggi Unione Africana, che unisce 55 Stati nel nome di sviluppo, cooperazione e autodeterminazione. È un momento per riscoprire il continente al di là degli stereotipi, e riconoscerlo per quello che è: la culla di civiltà millenarie, adesso un polo creativo, giovane e in trasformazione.
L’Africa è il continente più giovane del mondo: entro il 2030, il 42% della popolazione globale sotto i 25 anni sarà africana. Questa energia sta alimentando un’ondata di trasformazione tecnologica e culturale, con città come Nairobi, Lagos o Kigali che si affermano come veri e propri hub dell’innovazione. L’urbanizzazione non è solo una sfida infrastrutturale: è anche un’opportunità per costruire nuove identità africane e ridisegnare il futuro con strumenti digitali.
Per troppo tempo, il racconto dominante sull’Africa è stato filtrato da lenti occidentali che riducono la complessità del continente a conflitti, povertà o emergenze umanitarie. Infatti, come ha spiegato la giornalista nigeriana Kiki Mordi, cambiare la narrativa non è solo una questione d’immagine, ma di giustizia culturale. Da molti anni ormai scrittori come Binyavanga Wainaina hanno denunciato una narrativa stereotipata, mentre musicisti, artisti e registi africani continuano a riscrivere l’immaginario collettivo.
Le piattaforme digitali stanno amplificando queste voci: il successo globale di artisti come Burna Boy o Tems e il boom del cinema nigeriano (Nollywood) sono solo alcuni esempi di come la cultura africana oggi sia esportata, non importata.
La tecnologia in Africa non è solo replicazione di modelli esterni. È innovazione adattata ai bisogni locali. Esempio? M-Pesa, il sistema di pagamenti mobili nato in Kenya, ha rivoluzionato il modo in cui milioni di persone gestiscono denaro e accedono ai servizi finanziari. O ancora Zipline, startup di droni attiva in Ruanda e Ghana, che consegna sangue e medicinali nelle aree più remote.
La spinta tecnologica è accompagnata da una forte attenzione alla sicurezza e all’inclusività, grazie a giovani talenti che trasformano sfide locali in soluzioni scalabili. Ma l’ingegno africano non si ferma ai laboratori high-tech: anche nei villaggi più remoti nascono soluzioni rivoluzionarie. A soli 14 anni, William Kamkwamba ha acceso il suo villaggio in Malawi con una turbina eolica fatta di rottami: un gesto visionario che racconta meglio di mille parole il potenziale green dell’Africa.
Tutto questo fermento si riflette anche nei numeri: il continente sta attirando sempre più attenzione da parte di investitori pronti a scommettere sul suo futuro tecnologico, mentre il tessuto imprenditoriale imprime questo trend con oltre il 20% degli adulti che avvia un’impresa, segno di una leadership emergente nelle singole comunità. Alla luce di ciò, secondo i dati del fondo Partech Africa, nel 2024 le startup tecnologiche africane hanno raccolto 3,2 miliardi di dollari perseguendo un ecosistema dinamico e in espansione.
Celebrare l’Africa Day non significa idealizzare, ma riconoscere, ascoltare e collaborare su basi di rispetto e reciprocità. Per troppo tempo l’Africa è stata osservata da lontano, ridotta al ruolo di destinatario passivo di aiuti. Oggi questa visione non regge più. Gli stereotipi continui dell’Africa nei media continuano a pesare: i governi del continente pagano quasi 4 miliardi di euro in più all’anno in interessi sul debito, denaro che potrebbe essere investito in sanità, vaccini e infrastrutture.
È ora che leader e investitori rivedano le regole del gioco, abbattano i pregiudizi e facilitino l’accesso a finanziamenti sostenibili. Investire in Africa è un vantaggio per tutti, in quanto migliora le vite attraverso un’istruzione di qualità e la creazione di posti di lavoro, favorendo al contempo la sicurezza sanitaria globale, le opportunità commerciali e l’azione per il clima.
Ma se si prevede che l’Aps diminuirà almeno del 20% entro il 2027 e che 22 Paesi africani spenderanno più per ripagare debiti costosi che per investire in altri progetti, significa che c’è ancora del lavoro da fare. Come One Youth Ambassadors in Italia, lavoriamo insieme a giovani africani per promuovere politiche più giuste e inclusive. Il Piano Mattei può essere un’occasione, ma solo se costruito con e non per l’Africa. Oggi, più che mai, servono partnership eque, non soluzioni imposte dall’alto.