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Franco Mirabelli: “Ho la Sla e sul fine vita voglio scegliere. Alla destra dico che non è ideologia occuparsi di libertà delle persone”

Il vicecapogruppo dem al Senato, 65 anni, ha ricevuto la diagnosi nel 2022. Oggi è quasi completamente immobilizzato. "La prossima tappa è capire se vorrò ulteriori ausili per mangiare e fare la tracheotomia per respirare", racconta. "Dipende da come sarò messo e da quanto peserò sulla famiglia"
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“Era il 2022. Avevo cominciato a riscontrare problemi di equilibrio, facevo fatica a camminare e a respirare. Poi ho avuto il responso. È una malattia che ogni giorno ti toglie qualcosa. O ti rassegni, oppure la affronti cercando di fare quel che riesci”. Così Franco Mirabelli, 65 anni, vicecapogruppo al Senato del Pd, racconta a Repubblica la scoperta di essere malato di Sla. L’ultima volta che è andato in Parlamento, racconta esprimendosi attraverso un lettore ottico e una voce metallica generata dal computer, era il dicembre 2022 e “non potevo sapere che sarebbe stata l’ultima”. Oggi è immobilizzato, muove un po’ solo le mani. Il suo racconto arriva a pochi giorni fa da un pronunciamento della Consulta che, dopo aver confermato che non è costituzionalmente illegittimo subordinare la non punibilità dell’aiuto al suicidio al requisito che il paziente necessiti di un trattamento di sostegno vitale, ha ammonito per la quarta volta il legislatore affinché intervenga in materia di fine vita.

Nonostante la diagnosi e l’aggravamento delle condizioni fisiche – è assistito in casa dalla moglie e dal figlio, aiutati due volte a settimana da un’infermiera e una fisioterapista – Mirabelli al momento mantiene il suo ruolo a Palazzo Madama: scrive con un lettore ottico e, racconta, “il gruppo del Pd mi aiuta a presentare emendamenti o interrogazioni, scrivo articoli, mi chiedono contributi per dibattiti. Intervengo nelle chat, o su Facebook. Posso fare politica così oggi, e per me la politica ha sempre significato dare una mano agli altri. Poi in tanti vengono a trovarmi, mi fanno sentire utile e parte della mia comunità”.

L’avanzamento della malattia è però un pensiero continuo. “La prossima tappa è capire se vorrò ulteriori ausili per mangiare e fare la tracheotomia per respirare”, racconta. Il figlio Pietro aggiunge che, se si sceglie di non avvalersi delle macchine, si viene sedati e accompagnati al fine vita. Mentre non è chiaro se, una volta attaccati, si può recedere dalla scelta. “Dipende da come sarò messo e da quanto peserò sulla famiglia”, spiega lui. “Per ora dico che non è finita finché non è finita, mi addormento pensando a cosa farò domani – sottolinea -, ma voglio avere la possibilità di scegliere. Il limite lo capirò da solo, sono convinto che sarà così”. Ma una legge non c’è. “So che quelli di sinistra si impegnano sul fine vita, a quelli di destra dico che non è ideologia occuparsi della libertà e della sofferenza delle persone”, commenta lui.

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