Omicidi all’ambasciata di Washington, il senso di ingiustizia per Gaza genera mostri

di Angelo Palazzolo
Il duplice omicidio dei diplomatici israeliani a Washington è un atto orribile. Indipendentemente da quanto sano di mente sia stato l’autore del crimine, all’origine di questo gesto c’è anche l’esasperazione e la frustrazione di chi non riesce a farsi sentire in altro modo, se non con gesti clamorosi ed estremi. Il rischio di emulazione e di reiterazione di gesti come questo in ogni parte del mondo è molto alto, ma lo è maggiormente in Usa, Germania e Italia e vi spiego il perché.
Benjamin Netanyahu e Amichai Chikli (ministro israeliano della Diaspora e la Lotta all’antisemitismo) incolpano Starmer, Macron e Carney di incoraggiare il terrorismo, per il semplice fatto di aver espresso le prime condanne ufficiali dell’operato di Israele, ma i veri colpevoli del moltiplicarsi dell’antisemitismo in tutto il mondo sono principalmente loro e, secondariamente ma altrettanto colpevolmente, i loro alleati.
La politica criminale di Netanyahu sulla Striscia di Gaza e il sostanziale appoggio di Paesi complici quali, in primis, Usa, Germania e – purtroppo – la nostra Italia, non fanno altro che incentivare atteggiamenti e comportamenti ostili verso lo Stato ebraico e verso chi ne fa parte. Il senso di ingiustizia per il genocidio in corso non può che essere accentuato dalla non risposta dei nostri governanti, o dalle risposte ipocrite, false, pretestuose, capziose e consapevolmente fuorvianti che – alla luce dei fatti a disposizione di tutti coloro che abbiano una connessione Internet – non sono più credute, né digerite.
Si prenda ad esempio la risposta di Giorgia Meloni al premier time della Camera dei deputati il 14/05/2025: “[…] consapevoli come siamo però che non è stato Israele, a iniziare le ostilità“. Quanto è ridicola questa affermazione/giustificazione? Il crimine prodotto da Hamas quel giorno, condannato da ogni parte e colore politico del mondo, è un crimine a cui nessuno può più porre rimedio, per il semplice fatto che non si può tornare indietro nel tempo. Ma l’orrore che sta seminando Israele è quotidiano, è presente, è futuro: abbiamo la certezza quasi matematica che anche domani qualche bambino palestinese morirà, lo sappiamo e non facciamo niente, guardiamo. Questo “stare a guardare” fa terribilmente male. Questa è la ragione per cui la maggior parte delle persone semplicemente si gira dall’altra parte, augurandosi di non vedere e di non sentirne parlare, così da non ferire la propria coscienza e di non entrare in quello spiacevole stato di dissonanza cognitiva per cui, da un lato, ci si considera “buoni” e, dall’altro, si è consapevoli di stare dalla parte di feroci assassini di gente inerme.
Per cui, quanta rabbia può generare la frase di Giorgia Meloni a chi ha il coraggio di andare a guardare foto e video di madri che piangono i loro figli sventrati dalle bombe israeliane, o dei figli che piangono le loro madri prima violentate, poi torturate e infine uccise dai soldati israeliani? Quanto sono colpevoli quelle madri e quei figli di un atto terroristico avvenuto 587 giorni fa?
Quanto è frustrante e avvilente sapere che il nostro Paese continua a fornire armamenti all’esercito israeliano con la giustificazione che “erano contratti autorizzati prima del 7 ottobre” (cfr. Crosetto e Tajani in più occasioni)? Come se non ci fossero strumenti giuridico-politici per porre fine a questa ignomìnia?
Lo sterminio, il genocidio, i massacri, i crimini contro l’umanità, o comunque si vogliano etichettare le atrocità che Israele sta perpetrando contro il popolo palestinese stanno generando un senso di sdegno, rabbia e riprova sociale che – se non trovano un’adeguata rappresentanza politica (“soddisfazione” o “canalizzazione” direi dal punto di vista psicologico) – rischiano di trasformarsi in rabbia sociale incontrollata e mal indirizzata. In questo senso, ha detto bene Elly Schlein rivolgendosi alla Premier: “Lei rappresenta l’Italia ma l’Italia così non è rappresentata da lei, perché l’Italia non si gira dall’altra parte, non sta in silenzio”.
A me non sembra un caso che l’efferato omicidio dei due diplomatici israeliani sia accaduto negli Usa e non in Spagna, in Irlanda, in Norvegia o in altri Paesi dove i governi stanno iniziando (finalmente!) a dare voce a chi invoca giustizia, a chi non accetta più ipocrisie e doppi standard. I Paesi che maggiormente stanno fomentando l’antisemitismo, oltre a Israele, sono proprio Usa, Germania e Italia che – con il loro negare l’evidenza e giustificare l’ingiustificabile – stanno producendo un’ondata di risentimento e odio che rischia di sfociare in altri episodi drammatici come quello di Washington.