Ho visto un Salone speciale, un Salone femminista!

Scrivevo l’anno scorso a proposito del Salone internazionale del libro, il primo diretto da Annalena Benini, che era stato in assoluto il più bello per me perché aveva finalmente portato le donne al centro con tanti incontri di riflessione sui femminismi, sui loro diritti, sulla violenza di genere, oltre che naturalmente sulla letteratura femminile. Attendevo quindi la seconda edizione con molte aspettative che non sono andate deluse, anzi.
L’impronta di una donna attenta al ruolo delle donne, ai loro problemi, alle loro tante discriminazioni in tutti gli ambiti della società e che usa un linguaggio assolutamente corretto dal punto di vista del genere, è venuta alla luce scorrendo il programma. Ma come ha più volte detto la direttrice, un Salone non lo fa una sola persona e anche la scelta della squadra composta da tante donne appassionate, competenti, preparate, che hanno composto un puzzle ricco e poliedrico, denota attenzione e sensibilità verso il mondo femminile e femminista.
Mi sono dunque attrezzata per godermi questo Salone: scarpe comode (perché al Salone si fanno chilometri e chilometri…), un calendario con il programma che avrei seguito e cinque giorni tutti per me. Per assistere a tutti gli incontri ci sarebbe voluto il dono dell’ubiquità e quindi una scelta, a volte spiacevole, si è imposta.
Il tema della violenza di genere è stato trattato in tantissimi incontri, molti dei quali dedicati agli studenti e alle studentesse con cui il Salone lavora tutto l’anno coinvolgendoli in molti progetti che rientrano nel settore, quello della Scuola, diretto con grande passione da Maria Giulia Brizio. All’incontro con i Centri Antiviolenza E.M.M.A Onlus e la Fondazione Una Nessuna Centomila, Linda Laura Sabbadini ha commentato i risultati di un questionario, da lei elaborati, rivolto a 2.700 allievi e allieve di 18 regioni con il progetto “Amore non è potere – Stereotipi, ruoli e relazioni” che ha messo in luce quanti stereotipi persistano nelle relazioni fra le giovani generazioni.
SeNonOraQuando?Torino ha presentato la 13 edizione di “Potere alla parola” che si articola durante tutto l’anno e che ha coinvolto oltre 350 studenti e studentesse delle scuole medie e medie superiori con l’intento di educare ad una cultura del rispetto, priva di sessismo, dove la parola sia l’unico strumento per risolvere i conflitti. L’incontro finale quest’anno ha avuto ospite la senatrice Cecilia D’Elia, autrice del libro Nina e i diritti delle donne (Sinnos) su cui le classi hanno lavorato.
Come si fa ad amare senza voler controllare e possedere? Come vivere gli incontri e gli scontri interpersonali senza far male né farsi male? A queste domande hanno cercato di rispondere Maura Gancitano e Victoire Tuaillon, autrici di Erotica dei sentimenti (Einaudi) e Il cuore scoperto (add editore) in un evento con il gruppo di lettura del Bookstock del Salone.
Particolarmente toccante e dolorosa l’intervista di Annalena Benini a Caroline Darian, figlia di Gisèle Pelicot, che nel suo memoir, E ho smesso di chiamarti papà (Utet) ha registrato la cronaca di orrore e sopravvivenza subita da lei e da sua madre. Entrambe però hanno superato il senso di vergogna che spesso la vittima di stupro prova, raccontando questa brutale storia senza nascondersi (ricordiamo che Gisèle Pelicot ha voluto un processo a porte aperte) ma denunciando che la vergogna dovevano provarla gli stupratori.
Credo che in nessuna rassegna si sia parlato tanto di femminismo, o meglio di femminismi, come in questa. Femministe storiche come Luciana Castellina e Ginevra Bompiani hanno dialogato con i ragazzi e le ragazze sul palco dell’Arena Bookstock intorno al libro scritto a quattro mani: Il femminismo della mia vicina (Manni editore) ragionando sul femminismo storico e su quello contemporaneo.
Lidia Ravera attraverso Volevo essere un uomo (Einaudi) ha raccontato il femminismo che ha dato una spallata ad un destino che le donne non volevano e ha confessato: sì avrebbe voluto essere un uomo, ma le donne le ama di più.
Due filosofe che da sempre sono un punto di riferimento per il femminismo in Italia: Rosi Braidotti e Giorgia Serughetti hanno dialogato intorno a Il ricordo di un sogno – Una storia di radici e confini (Rizzoli), dove Braidotti, accogliendo il consiglio di Virginia Woolf di pensarci attraverso le nostre madri, raccoglie, da sua madre, testimonianze e ricordi di una famiglia dispersa per mezzo mondo, ricca di differenze ma aperta e inclusiva.
Vanessa Roghi, ha spiegato che La parola femminista. Una storia personale e politica (Mondadori) “è un libro che è una specie di autobiografia collettiva, di una generazione, la sua, che è figlia del neofemminismo degli anni 70, e madre di chi oggi scende in piazza con il movimento NonUnaDiMeno”. Di maternità si è parlato nell’incontro Maternità femministe, a cura di inQuiete festival, a cui ho partecipato insieme a Veronica Frigeni, Barbara Leda Kenny, Vanessa Roghi e Maddalena Vianello, per cercare di riflettere come è cambiata la maternità e quanto il desiderio di maternità possa essere un atto femminista e politico.
Greta Olivo, Sara De Simone, Cristina Comencini e Lidia Ravera sono state le voci di donne di generazioni diverse che hanno dato vita all’incontro Donne 20/80+ (a cura di seNonOraQuando?Torino) con racconti intimi e intensi, in cui ognuna ha interpretato lo stesso tema, Le parole tra noi leggere, titolo del Salone di quest’anno.
Non basta certo un articolo, che deve per forza limitare le parole, per dare conto della ricchezza, della qualità e dell’impegno necessari per un programma così vario, articolato e denso, ma basta forse un aggettivo che rende questo Salone speciale: femminista!