“L’antimafia è lotta per i diritti”. L’appello per il corteo del 23 maggio è un manifesto programmatico

Quando Nino Morana, nipote dell’indimenticato Vincenzo Agostino, mi ha mandato la bozza del manifesto che convoca il corteo che il 23 maggio sfilerà per le strade di Palermo in memoria di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Antonio Montinaro, Rocco Dicillo, Vito Schifani uccisi nella strage di Capaci trenta tre anni fa, firmato da decine di organizzazioni e pubblicamente sostenuto dal Coordinamento nazionale di Associazioni e familiari di vittime di stragi ed attentati, ho pensato che a Giovanni sarebbe piaciuto parecchio. Perché l’antimafia giudiziaria di cui Falcone fu campione insieme ai colleghi del pool coordinato prima da Chinnici e poi da Caponnetto, che giusto quarant’anni fa (novembre 1985) licenziava l’ordinanza-sentenza “Abbate + 706” premessa del Maxi-processo, doveva essere il tassello di un più vasto programma di emancipazione degno della Costituzione repubblicana. Proprio il “programma” che si intravvede nel manifesto palermitano, che merita dunque l’attenzione di chi legge questo blog, a testimonianza che l’Italia del “fresco profumo di libertà” è viva e lotta insieme a noi.
Lo propongo per intero. Ecco il testo:
“Non chiedeteci silenzio”, perché non taceremo sulle verità emerse nei processi e silenziate dai media, riguardanti le complicità politico-istituzionali dietro le stragi. Non taceremo sugli effetti devastanti della guerra fomentata dal progetto di riarmo dell’Europa, che taglierà fondi alla scuola, alla sanità, alla sicurezza sul lavoro e quindi diritti fondamentali. Faremo rumore, perché la nostra idea di contrasto alla mafia, o, per meglio dire, al sistema di potere politico-affaristico-mafioso come lo definiva Pio La Torre, è in contrapposizione con quella di questo Governo. La mafia non può essere ridotta a piccola criminalità organizzata, ignorando, invece, i collegamenti che questa instaura stabilmente con il potere.
Denunciamo con forza le riforme in atto che minano la lotta alle organizzazioni mafiose e ai crimini dei colletti bianchi: intercettazioni, abuso d’ufficio, traffico di influenze. Faremo rumore contro il tentativo posto in essere dalla maggioranza di governo di riscrivere la storia di stragi ed omicidi eccellenti, minimizzando, o peggio negando, le connivenze di esponenti delle istituzioni e di appartenenti all’eversione nera, nei gravi episodi che hanno insanguinato l’Italia a partire dal 1° maggio 1947, a Portella della Ginestra. Noi vogliamo la verità fino in fondo, per quanto scomoda possa essere, a costo di aprire “sepolcri imbiancati”, come li definiva Vincenzo Agostino.
Anche Don Ciotti lo scorso 21 marzo denunciò che “l’80% dei familiari delle vittime di mafia non ha ancora avuto verità e giustizia. Hanno bisogno di sapere, ed è necessario un impegno forte delle Istituzioni”. Verità, infatti, fa rima con democrazia! Faremo rumore, inoltre, contro l’ultimo decreto sicurezza, dove, oltre alla repressione di diritti e libertà, all’articolo 31 si concede ai servizi di intelligence di “organizzare e dirigere” impunemente associazioni finalizzate al sovvertimento dell’ordine democratico e di “istigare la commissione di delitti per cui si prevede l’ergastolo”, tra cui stragi e attentati.
Noi vogliamo una politica “autenticamente” contro la mafia, che prenda le distanze da endorsement e appoggi elettorali da parte di soggetti condannati per fatti di mafia o comunque vicini alla stessa. Lotta alla mafia, per noi, significa lotta per i diritti. Significa avere una visione di società dove le priorità non sono il Ponte sullo Stretto (cui le mafie guardano con appetito), né il riarmo e la guerra (grazie alla quale anche le mafie prosperano), ma le infrastrutture utili per creare benessere e alternative alla criminalità, specie nei quartieri abbandonati dalle istituzioni: scuole, poli sportivi, ospedali. Antimafia è anche diritti sul lavoro, è lotta alla precarietà, allo sfruttamento, al caporalato e alla ricattabilità sociale. Per questo sosteniamo con forza anche la battaglia per il Referendum sul lavoro e sulla cittadinanza che ci chiamerà al voto il prossimo 8-9 giugno!
In questa data simbolica, vogliamo dare voce a un’antimafia viva, collettiva e radicata nei territori, capace di riconoscere che la lotta alla mafia non può essere separata da quella per i diritti sociali, ambientali, economici e civili. Vogliamo costruire una piazza colorata, artistica, che dia voce alle istanze di tutte le soggettività. L’antimafia non è una battaglia settoriale, ma un fronte intersezionale che attraversa le lotte contro il patriarcato, contro il razzismo, per la giustizia climatica, per il diritto all’abitare, al lavoro, alla salute, all’autodeterminazione. Le mafie prosperano dove mancano i diritti, e lottare contro di esse significa costruire alternative di giustizia, solidarietà e autodeterminazione.
E’ realizzando questo programma che continueremo l’azione profonda di liberazione iniziata con il Maxi-Processo, quella che farà dire davvero: “nulla sarà più come prima”. La presidente della Commissione parlamentare antimafia che martedì ha fatto meritoriamente votare l’integrale pubblicazione proprio dell’ordinanza-sentenza “Abbate + 706”, è avvertita.