Un tempo il Fronte della Gioventù manifestava per la Palestina e chiedeva sanzioni a Israele: cos’è cambiato?

Una foto in bianco e nero, un volantino ingiallito. “Fermare il massacro”, recita lo slogan in maiuscolo. Poi l’elenco delle richieste: sanzioni economiche contro Israele, riconoscimento dello Stato Palestinese, una conferenza internazionale per la pace in Medio Oriente. Non si tratta di un documento firmato da Sinistra Italiana, né da un collettivo universitario del 2020: è un volantino del Fronte della Gioventù (FdG), datato 27 ottobre 1990, firmato dall’organizzazione giovanile del Movimento Sociale Italiano (Msi), da cui provengono molti degli attuali vertici di Fratelli d’Italia.
Tra i protagonisti di quel mondo, Gianni Alemanno, allora segretario del FdG; Fabio Rampelli, oggi vicepresidente della Camera; Paola Frassinetti, oggi sottosegretaria all’Istruzione. E Giorgia Meloni, che qualche anno più tardi sarebbe diventata la dirigente romana più nota del movimento.
Il contesto era quello del massacro di Al-Aqsa, avvenuto l’8 ottobre 1990, quando le forze israeliane aprirono il fuoco sulla Spianata delle Moschee a Gerusalemme, uccidendo oltre 20 palestinesi e ferendone molti altri. La destra giovanile italiana scese in piazza. Il volantino denunciava “le complicità dell’Occidente con il sionismo” e chiedeva sanzioni internazionali contro Israele. Un linguaggio duro, che oggi verrebbe facilmente accostato a quello di gruppi radicali filo-palestinesi o della sinistra antagonista, e sarebbe additato, dagli stessi di cui sopra oggi al governo, come “antisemita” o “filo-Hamas”.
Saltiamo avanti di oltre trent’anni. È il 15 maggio 2025, alla Camera dei Deputati. Il leader del M5S Giuseppe Conte chiede un minuto di silenzio per commemorare le decine di migliaia di bambini e adulti palestinesi uccisi a Gaza. La premier Giorgia Meloni e i deputati di Fratelli d’Italia, come gli altri partiti di destra ma non solo (vedi Fassino), restano seduti, immobili. Nessun omaggio, nessun silenzio. Anzi, nelle ore successive, esponenti della maggioranza parlano apertamente di “strumentalizzazione”, e ribadiscono il pieno sostegno a Israele, “democrazia sotto attacco”, come ripetuto più volte anche dalla stessa Meloni. In Parlamento, FdI si schiera sistematicamente a fianco del governo Netanyahu, sia sul piano diplomatico che militare.
Il mutamento non è solo simbolico, ma forse strategico. Negli anni ’90, la destra post-fascista coltivava un’identità terzomondista e anti-imperialista, spesso incline a solidarizzare con le lotte dei popoli oppressi, compresi i palestinesi. In quel clima, il sionismo veniva percepito — anche a destra — come proiezione del potere americano in Medio Oriente.
Oggi, con FdI al governo, il posizionamento è radicalmente mutato:
– Israele è considerato un alleato strategico e culturale.
– La destra italiana si è avvicinata a Netanyahu, anche per via dei legami con l’estrema destra israeliana, dei contatti con la destra evangelica americana e del comune “nemico islamista”.
Non si tratta solo di un cambio di linguaggio, ma di una vera e propria rottura di paradigma. Là dove il Fronte della Gioventù parlava di “massacro”, chiedeva “sanzioni contro Israele” e sventolava bandiere palestinesi, oggi Fratelli d’Italia invoca la “legittima difesa di Israele” e si rifiuta persino di osservare un minuto di silenzio per i civili uccisi a Gaza. Una metamorfosi completa, che ha il sapore dell’opportunismo più che della riflessione. Perché se davvero la coerenza fosse ancora un valore politico, qualcuno dovrebbe spiegare come si passa da “Fermare il massacro” a difendere chi lo compie, senza nemmeno battere ciglio.
Il punto non è cambiare idea: è cancellare il passato quando diventa scomodo. Che fine ha fatto la solidarietà ai popoli? Per molti di questi dirigenti — gli stessi, ieri come oggi — sembra essere forse finita dove finisce ogni retorica giovanile: nel calcolo del potere. Come dargli ancora credito?