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Alberto Trentini detenuto a Caracas, dall’arresto alla chiamata ai famigliari: gli ultimi sviluppi del caso

Il cooperante di Venezia, 46 anni, è in un carcere di Caracas. Di recente ha potuto chiamare la famiglia e si attende la visita consolare
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Era arrivato in Venezuela il 17 ottobre per una missione umanitaria, inviato dalla ong per cui lavorava, Humanity & Inclusion impegnata nell’assistenza alle persone con disabilità. Ma il 15 novembre Alberto Trentini, mentre stava raggiungendo Guasdalito dalla capitale Caracas, è stato fermato ad un posto di blocco, insieme all’autista della ong. E da allora è detenuto nel penitenziario El Rodeo I, nello Stato di Miranda, a circa 30 chilometri della capitale. Non è stato reso noto nessun capo di imputazione, ma secondo quanto emerso pare sia accusato di terrorismo. Il suo è un caso fin da subito giudicato molto complesso dalla Farnesina e la diplomazia è al lavoro da mesi per riportarlo a casa. Nelle ultime settimane ci sono stati segnali di apertura da parte del governo Maduro: dopo 181 giorni di silenzio Trentini ha potuto chiamare i famigliari e secondo le informazioni raccolte dal Fatto.it si attende il via libera per la prima visita consolare. Le persone a lui più vicine, a partire dai parenti, in questi lunghi mesi di detenzione hanno espresso ansia e preoccupazione. Per tenere alta l’attenzione sul suo caso sono state avviate nel tempo varie iniziative, tra cui la raccolta firme e il digiuno a staffetta.

La Farnesina ha aperto vari canali per avere informazioni sul connazionale. A metà gennaio, due mesi dopo il suo arresto il ministro degli Esteri Antonio Tajani aveva convocato l’incaricato d’affari del Venezuela per protestare con forza per la mancanza di informazioni sulla sua detenzione, oltre a contestare l’espulsione di tre diplomatici italiani da Caracas. A marzo lo stesso titolare della Farnesina aveva ammesso che la “trattativa è molto complicata”, ma è “seguita giorno per giorno”. Ad aprile la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, aveva chiamato Armanda Colusso, la madre di Alberto Trentini, assicurandole che il governo è al lavoro per riportarlo a casa. Un impegno che la stessa Colusso aveva accolto positivamente. La vicenda di Trentini è poi da inquadrare nel contesto politico del Venezuela, in particolare in quel clima ostile che riguarda oppositori, semplici dissidenti del presidente Maduro o persone ritenute sospette, che si è inasprito nei mesi della campagna elettorale per la rielezione e dopo il voto. A denunciare poi alla propria ong quella situazione complicata nel Paese sarebbe stato lo stesso Trentini, manifestando – il giorno prima dell’arresto – l’intenzione di dimettersi in un messaggio whatsapp diretto ad un collega della propria organizzazione.

Nel frattempo, la diplomazia sta dando risultati incoraggianti: nei giorni scorsi è stato liberato l’imprenditore Alfredo Schiavo, detenuto a Caracas dal 2020 e riportato in Italia grazie alla mediazione della Comunità di Sant’Egidio. Da ricordare anche le recenti operazioni americane: a gennaio sono stati liberati a Caracas e riportati negli Stati Uniti cinque detenuti americani. Il 7 maggio, poi, attraverso un’operazione congiunta Usa-Italia, sono stati liberati 5 oppositori venezuelani che si erano rifugiati nell’ambasciata argentina a Caracas. Ed è notizia di poche ore fa del rimpatrio negli Usa di Joseph St. Clair, giovane veterano dell’Air Force degli Stati Uniti, arrestato a Caracas dal 1° novembre del 2024 e da allora detenuto. Segnali che suggeriscono l’intenzione del governo di Maduro di reinstaurare nuove relazioni bilaterali con Washington.

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