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Informàti superficialmente su tutto, di fatto conosciamo poco: sarà il tramonto dell’Occidente

Questa impressionante opulenza informativa, in linea teorica sarebbe positiva, ma alle suddette condizioni si rivela disastrosa e alla base di due fenomeni socialmente devastanti
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La grande confusione che caratterizza il nostro tempo, rendendo quantomai ostica la comprensione delle questioni ideologiche, geopolitiche o anche solo culturali in senso lato, non è dovuta a una complessità specifica di questa epoca. Tutte le epoche storiche, infatti, hanno presentato elementi di complessità tali da non rendere possibile l’individuazione netta e definitiva di torti e ragioni.

Tuttavia, per noi occidentali le cose sono state colpevolmente più semplici fino a poco tempo fa. Da una parte perché abitavamo nella parte vincente del mondo (e “la Storia la scrivono i vincitori”, come ebbero a scrivere Marx e Benjamin, ripresi dal nazista Goering che, in questo modo, pensava di difendersi al processo di Norimberga). Dall’altra perché il sistema dell’informazione era molto più ridotto e semplificato, mentre per accedere a versioni alternative o anche solo più articolate della Storia, rispetto a quelle fornite dai vincitori, bisognava attingere a volumi ponderosi di cui i più facevano volentieri a meno.

Oggigiorno invece, perlopiù a causa della comparsa di Internet e molto meno a motivo del fatto che l’Occidente liberale non è più così egemonico, il dark side (lato in ombra) delle questioni storiche, ideologiche e geopolitiche è stato portato alla luce.

Il problema è che quando ciò avviene nel campo della conoscenza, si tratta di un progresso indubbiamente positivo, che amplia la conoscenza degli eventi e aiuta a formulare dei giudizi storici più articolati e ispirati a una visione critica di insieme. Ma si dà il caso che, nel nostro tempo, questa illuminazione del lato in ombra della Storia sta avvenendo nell’ambito spettacolare e commerciale della comunicazione, con le relative modalità banalizzanti. Quello in cui la logica quantitativa (auditel, visualizzazioni, monetizzazione dei click) ha oscurato quella qualitativa (comprensione critica, dialogo, conoscenza), in maniera tale che una impressionante opulenza informativa finisce col generare una paradossale indigenza conoscitiva. Insomma, informati superficialmente su tutto, di fatto conosciamo poco o nulla in maniera approfondita. È un po’ come osservava Platone nel “mito della caverna” (Repubblica, capitolo VII): l’occhio umano non vede in due circostanze. Certamente quando è buio, ma anche quando c’è troppa luce. L’oscurità totale sortisce lo stesso effetto della troppa luce, impedendo all’occhio umano di vedere.

La comunicazione che oggigiorno avviene in Rete (il medium da cui ormai l’80% della popolazione trae la propria informazione sui fatti del mondo), costituisce quella troppa luce di cui parlava metaforicamente Platone. Troppa, ma anche superficiale e selezionata dagli algoritmi per confermare gli individui nelle proprie convinzioni di partenza, per intrattenerli in maniera non troppo impegnativa e soprattutto soddisfacente, perché quegli stessi individui sono di fatto clienti di un servizio a pagamento.

Questa impressionante opulenza informativa che, veicolata con le dinamiche dello show business, in linea teorica sarebbe positiva, alle suddette condizioni si rivela disastrosa e alla base di due fenomeni socialmente devastanti: 1) la convinzione sempre più diffusa di sapere quanto basta su tutto e ovviamente di poter intervenire con cognizione di causa su ogni argomento; 2) la divisione degli utenti in tifoserie fanatiche e depositarie della Verità assoluta, indisposte al dialogo e alla considerazione per cui il vero potrebbe essere nel mezzo (in fondo l’intelligenza ha a che fare con le sfumature di cui è lastricato il mondo umano, mentre l’ideologia si aggrappa al bianco e al nero che abitano in una terra ideale).

Soprattutto a livello storico e geopolitico, tutto ciò ha messo l’Occidente di fronte a una difficoltà cognitiva di base: quella di scoprire che anche e soprattutto in tale ambito i torti e le ragioni sono ovunque. Nessuno è alieno dall’aver compiuto nefandezze e lotte di potere, a partire dallo stesso Occidente cristiano e liberale. Il trauma è stato tale per cui molti sono caduti nello stesso tranello in cui piombò Gandhi: il leader indiano pacifista che, durante la Seconda guerra mondiale dichiarò la propria neutralità fra il nazismo hitleriano e l’imperialismo dei paesi dell’Intesa. Pensiamoci bene: quante valide ragioni poteva avere il leader pacifista, come anche ciascuno di noi oggi, nel denunciare le politiche imperialistiche e predatorie delle potenze occidentali?!

Certamente molte, ma da qui a non riconoscere il male radicale del nazifascismo, ovunque esso si annidi (oggigiorno direi nella Russia di Putin e nel governo israeliano di Netanyahu, ma anche nel capitalismo finanziario neoliberista), e quindi a preferirgli l’imperfettissima democrazia occidentale, ci espone tutti a una situazione tanto ottusa quanto rischiosa. Non dobbiamo dimenticare quanto qualcuno attribuisce erroneamente ad Aristotele, che le bugie dei vincitori diventano Storia mentre quelle dei vinti vengono scoperte. Se smettiamo di combattere il Male in nome di un Bene assoluto di cui nessuno può ragionevolmente ammantarsi, cadremo in quel relativismo nichilistico denunciato anche da Papa Leone XIV. Diventeremo un mondo di presunti Superuomini in assenza di Umanità.

E quello sarà il tramonto dell’Occidente.

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