Il mondo FQ

I “rapporti indicibili” dell’ex superpoliziotto Gallo con i pentiti: “Me lo chiedeva la procura”

L'ex agente, deceduto il 9 marzo scorso per un infarto mentre era ai domiciliari per l'inchiesta Equalize, ne ha parlato l'11 dicembre scorso davanti al pm Francesco de Tommasi
Commenti

Quei “rapporti indicibili” di Carmine Gallo messo a titolo di una nota di 30 pagine completamente omissata e depositata agli atti dell’indagine sui presunti spioni di Equalize, l’ex poliziotto, deceduto il 9 marzo scorso per un infarto fulminante, li svelerà durante il suo primo verbale dell’11 dicembre scorso davanti al pm Francesco de Tommasi. Si tratta di un quadro storicamente inedito, e però ben noto ai piani alti della Procura di Milano e nei corridoi della Dia, della Criminalpol e poi della squadra Mobile. Così per capire oggi quei “rapporti indicibili” bisogna portare indietro la lancetta ai primi anni Novanta quando il servizio di protezione per i collaboratori di giustizia ancora non c’era e quando, proprio per questo, i magistrati affidavano a poliziotti come Gallo la sorte del collaboratore di turno e della sua famiglia. L’ex poliziotto, morto mentre era ai domiciliari perché accusato di associazione a delinquere nell’ambito degli accessi abusivi al sistema informatico del Viminale, ne gestirà almeno diciassette. Diciassette soggetti accusati di reati atroci, dagli omicidi ai sequestri di persona, dal traffico di droga all’associazione mafiosa, dai comprimari e viceré fino ai boss di prima grandezza collegati con soggetti deviati delle istituzioni. Su tutti Saverio Morabito, il “manager Calibro 9” che con le sue dichiarazioni, raccolte da Gallo e dal pm Alberto Nobili in una stanza dell’ex Hotel Quark di via Ripamonti, scoperchierà vent’anni di ‘ndrangheta a Milano.

Tra i tanti collaboratori anche Salvatore Pace condannato in primo grado come concorrente morale nell’omicidio dell’educatore Umberto Mormile avvenuto nel 1991 non lontano dal carcere di Opera dove lavorava e poi rivendicato dalla sigla Falange armata, da sempre ritenuta una sorta di copertura dei servizi segreti. Condanna legata al prestito della moto usata dai killer, e che risulterà rotta, tanto che il mezzo fu fornito da un altro soggetto comunque legato alla cosca Papalia ritenuta mandante dell’omicidio. Pace sarà poi assolto in appello. Eppure Gallo nel suo verbale inedito non nega il rapporto con lui. Di più: l’amicizia. Aggiunge come si è prodigato, nella veste di ex poliziotto in pensione e amministratore delegato di Equalize, per aiutarlo rispetto a una misura interdittiva di una sua azienda per presunte infiltrazioni mafiose e rispetto al processo Mormile in cui Pace risulterà imputato e già difeso (oggi non lo è più) dall’avvocato Salvatore Verdolive, indagato nel fascicolo Equalize. Del resto i rapporti tra Gallo e Pace emergono dagli atti sui presunti spioni di via Pattari, se pur al momento l’ex collaboratore di giustizia non sia indagato.

Ma andiamo con ordine perché la materia è talmente delicata da poter essere male interpretata. A pagina 294 del verbale dell’11 dicembre l’avvocato Antonella Augimeri introduce l’argomento, svelando tra l’altro come Gallo in un troncone del fascicolo Equalize fosse indagato per associazione mafiosa, accusa legata a un supposto traffico di rifiuti: “Rapporti quindi con ex collaboratori di giustizia, rapporti che vengono definiti indicibili. Allora avevi rapporti con questi ex collaboratori di giustizia?”. Gallo non indugia e risponde “sì”, aggiunge di aver contatti anche con “altri presunti affiliati ad ‘ndrangheta, Cosa nostra e camorra”. Quindi il primo passaggio su Salvatore Pace, ex boss legato al clan di Franco Coco Trovato: “Con Pace ho rapporti strettissimi ci sentivamo quasi tutti i giorni. Pace è collaboratore di giustizia dal 1994, quindi io e il Dottor Armando Spataro, chiusi in una stanza con lui nel carcere, l’abbiamo convinto dopo un’ora a collaborare con la giustizia. Quindi all’epoca l’ho assistito”.

E qui Gallo amplia il discorso, spiegando come il suo rapporto troppo spesso borderline con i boss poi pentiti gli derivasse dagli ordini ricevuti dalla Procura di Milano: “All’epoca il Servizio di Protezione non funzionava, non c’era e quindi il pubblico ministero, i magistrati ci affidavano il collaboratore e la famiglia; io stavo all’epoca alla Criminalpol, a cavallo Dia e Criminalpol e ci dicevano: Questo è il collaboratore, gestitevelo voi, lui e la famiglia. E quindi noi gestiamo il collaboratore. Gli interrogatori insieme al pm, i familiari, trovare il posto dove portarli, li accompagnavamo”. L’assenza di regole e protocolli da un lato e una gestione del tutto empirica dall’altro fecero in modo che tra l’uomo dello Stato e gli ex boss si rafforzasse anche un legame affettivo di amicizia, rimasto anche dopo la collaborazione.

Non sarebbe dovuto succedere, ma così avvenne. Gallo: “Il legame è stretto con tutti, con Salvatore Pace soprattutto, che ha reciso ogni rapporto, almeno per quelli che io so, con la criminalità organizzata da quando ha collaborato. Ci sentiamo spesso. Lui ha una società di smaltimento rifiuti che ha avuto recentemente un interdittiva, l’ho aiutato molto su questo a ricostruire la vicenda, a fare il ricorso al Tar. Il ricorso poi l’ha perso”. Gallo, dunque, spiega, non nasconde. Dice moltissimo anche sulla questione dell’omicidio Mormile che resta, secondo gli atti di Equalize, un elemento da approfondire. Gallo: “Io ho trattato l’omicidio in Wall Street e Countdown (due maxi-inchieste sulla ‘ndrangheta degli anni Novanta, ndr), erano stati condannati i mandanti: Antonio e Domenico Papalia. E gli esecutori Antonio Schettini e un altro calabrese”. Schettini sarà poi un collaboratore anche lui gestito da Gallo “fuori dalle regole” perché regole ancora non c’erano.

Gallo torna così a quei primi anni Novanta dove l’esistenza di un Consorzio tra le tre mafie era un dato già accertato dalle indagini e dove quindi la collaborazione era trasversale. “Che succede? Che in quel contesto all’epoca un dare avere, chi gli dava la moto per ‘sti omicidi, chi gli uomini, gli uomini legati a Salvatore Pace avrebbero dato la motocicletta che poi i due killer hanno utilizzato (…) che poi viene fuori durante il processo che la motocicletta non è stata più quella, perché si era rotta ed era stata un’altra”. I collaboratori dunque, alla base di quei “rapporti indicibili”. In quegli anni a Milano i pentiti del resto fioccavano. L’indagine Wall Street ne è piena. Gallo lo ricorda: “In quel processo, tutto quello che c’era intorno, siccome c’era molta confusione, perché tutti hanno collaborato e quindi ognuno diceva ‘la moto l’ho portata’, ‘le armi le ho portate io’ allora il pm dice: l’unica certezza che abbiamo sono gli esecutori e i mandanti”. E questi furono condannati. Di certo, però, attorno all’omicidio Mormile molto di non detto e non ricostruito resta. A partire dai fiancheggiatori, chi ha fornito cosa, fino ad arrivare a una supposta regia legata a istituzioni deviate che sarà accennata nella sentenza di primo grado in cui Pace e Vittorio Foschini (altro collaboratore) saranno condannati.

E così si arriva all’ultima indagine sul caso Mormile e per la quale ci si è domandato: come mai Gallo rispetto all’omicidio e visti i suoi rapporti con ex collaboratori e mafiosi non è mai stato sentito? Morirà pochi giorni dopo l’assoluzione di Pace in Appello. L’ex poliziotto davanti al pm l’11 dicembre spiega: “Riaprono il procedimento. Viene preso un vecchio interrogatorio di Pace del 2019 dove lui, non so per quale ragione, non l’aveva mai detto prima, dice in questo interrogatorio: Sì, io ero consapevole che dovevano uccidere Mormile. A quel punto gli danno il concorso morale nell’omicidio, ecco tutto”. Che fa Gallo per Pace? “Ho fatto la cronistoria dell’omicidio Mormile come è avvenuto. Io ho ripreso un po’ le vecchie dichiarazioni, ho ripreso un po’ tutto e gli ho fatto una relazione per dire: guarda che per l’omicidio Mormile vengono condannati questi; Cassaniello dice questo, quell’altro dice questo, cosa dice quest’altro, se ti può servire in aula ti serve questo”.

Chi dice cosa, insomma. Il mondo dei collaboratori come detto è materia da maneggiare con cura. Gallo cita Cassaniello. Leonardo Cassaniello è uno dei tanti collaboratori che ha gestito. Come lui c’è ad esempio Luigi Di Modica, siciliano, già legato ai catanesi di Jimmi Miano e agli affari dell’Autoparco di via Salomone. Di Modica collaborerà e tra i vari nomi che farà c’è quello di Demetrio Latella, soggetto legato alla banda di Epaminonda e ai suoi “indiani metropolitani”. Di Modica lo riconoscerà da una foto segnaletica ritrovata trent’anni dopo dai carabinieri di Varese nell’archivio di Gallo. Lo stesso Latella è a processo per il sequestro di Cristina Mazzotta e negli anni scorsi è risultato il protagonista (indagato a Milano e archiviato, assieme a Rosario Pio Cattafi) di una ricostruzione alternativa rispetto all’omicidio del procuratore di Torino Bruno Caccia e collegata alla mafia dei casinò. E del resto l’epopea dei catanesi a Milano, l’ex poliziotto inizia a seguirla da giovane sbirro sulle tracce del Tebano per finire a studiare gli intrecci mafiosi scoperti all’Autoparco.

Ma questa arcaica gestione dei collaboratori seguita da Gallo su ordine della Procura gli creerà non pochi guai e una condanna definitiva (e riabilitazione successiva) per rivelazione di segreto. E cioè per aver rivelato al suo ex collaboratore di giustizia Federico Corniglia il nome di un’indagine (“Testuggine”) del Ros di Venezia su un gruppo di narcos legati all’estrema destra veneta e con i quali Corniglia era in contatto. Gallo, già allora difeso dall’avvocato Antonella Augimeri, sarà indagato a Venezia per associazione, accusa poi caduta. Durante le prime perquisizioni gli troveranno nel cassetto di casa 40mila euro. Denaro sequestrato e poi restituito. Dopodiché il fascicolo passa a Milano per la rivelazione di segreto. E qui ci sarà la condanna. Meglio è andata con Giorgio Tocci, ex sbirro, poi sbirro corrotto, poi re della malavita milanese e poi collaboratore seguito sempre da Gallo e al quale nel 2008 viene contestata l’accusa di non aver impedito l’evasione di Tocci visto che lo aveva seguito come collaboratore. L’ex poliziotto qui sarà assolto.

L’ultimo capitolo sui rapporti indicibili svela come attraverso questi contatti Gallo abbia aiutato i carabinieri a far prendere un latitante della ‘ndrangheta. Consegna avvenuta a Milano davanti alla stazione di Porta Genova. Qui si è fatto trovare Salvatore Barbaro, già condannato per ‘ndrangheta. A guidare la sua consegna ai carabinieri fu nel 2019 lo stesso Gallo all’epoca già in pensione che girò una sua fonte confidenziale ai cugini per eseguire la cattura. Spiega Gallo: “Un latitante doveva costituirsi, Salvatore Barbaro, doveva scontare sei anni. Mi manda un messaggio attraverso un parente e mi dice: ‘Si vuole costituire’. Ho detto: ‘Io non sono più in Polizia’. No’, quello solo a voi si costituisce. Mannaggia alla miseria, dico”. E così Carmine Gallo passa la notizia ai carabinieri che eseguiranno l’arresto del latitante. Conclude l’ex poliziotto: “Allora vado io e (…). Andiamo all’incontro, il latitante arriva con la valigia, si costituisce e se ne vanno”.

Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione

OSZAR »