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Ultimo aggiornamento: 15:23 del 8 Aprile

Antonino Scopelliti, riportata sul luogo del delitto la Bmw del giudice: i nuovi rilievi 34 anni dopo l’omicidio

La polizia è tornata sul luogo del delitto per nuovi rilievi scientifici: sul posto è stata portata anche una moto dello stesso modello utilizzato per portare a termine l’agguato
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Una ricostruzione della dinamica, a distanza di 34 anni. La Procura di Reggio Calabria e la polizia continuano a indagare sull’omicidio del giudice Antonino Scopelliti, sostituto procuratore generale della Cassazione ucciso il 9 agosto 1991, cinque mesi prima di discutere, davanti alla Suprema Corte, la sentenza del primo maxiprocesso a Cosa nostra. Un omicidio consumato a Piale, una frazione di Villa San Giovanni, dove stamattina è stata ricreata la scena del delitto. Sul posto, infatti, con un carroattrezzi e una gru è stata portata la stessa Bmw 318i a bordo della quale viaggiava il magistrato, quando i due killer hanno esploso 3 colpi di fucile caricato a pallettoni. In tutti questi anni l’auto è stata conservata dalla famiglia e oggi è stata messa a disposizione della Dda di Reggio Calabria. L’ufficio inquirente guidato dal facente funzioni Giuseppe Lombardo ha eseguito una nuova ricostruzione della dinamica dell’omicidio. A Piale è comparsa anche una moto Honda Gold Wing 1200, lo stesso modello (ma non il colore: quello di oggi era bianca e non rossa come all’epoca) che, stando alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Maurizio Avola, è stata utilizzata per l’attentato.

A sparare sarebbe stato, invece, un fucile calibro 12 di marca Arrizabala che nel 2018 il pentito ha fatto ritrovare in provincia di Catania in un terreno che nel 1991 era nella disponibilità di un soggetto legato alle cosche siciliane e alle famiglie calabresi. L’arma, però, era interrata e in condizioni pessime per poter essere utilizzata nelle operazioni di oggi. La polizia ha dunque usato un fucile con le stesse caratteristiche, ricostruito dalla Beretta su incarico della Procura. Sul posto, ad assistere alle operazioni, c’era il sostituto procuratore della Dda Sara Parezzan e il capo della mobile Gianfranco Minissale. Davanti a loro, i poliziotti hanno posizionato l’auto e la moto nello stesso identico punto della curva in cui è stato ucciso Scopelliti. Poi due agenti si sono affiancati con il fucile per simulare la dinamica dell’agguato.

Dagli inquirenti non trapela nulla sulle indagini. Qualcosa di più potrebbe emergere tra qualche giorno quando verrà depositata in procura la relazione sulle operazioni di oggi. Con ogni probabilità, la decisione di riprodurre la dinamica del delitto a distanza di così tanti anni è dovuta dalla necessità della Dda di riscontrare le dichiarazioni di Avola. Il collaboratore di giustizia, uscito dal programma di protezione, ha raccontato ai magistrati di essere uno dei due autori dell’attentato. Una ricostruzione resa anche durante un processo a Caltanissetta. Avola, inoltre, ha riferito ai pm di essere stato incaricato dai boss Aldo Ercolano e Marcello D’Agata del delitto Scopelliti. Lo seppe cinque giorni prima, poche settimane dopo una riunione avvenuta a Trapani. Tra i presenti a quell’incontro, stando alle dichiarazioni di Avola, pure Matteo Messina Denaro.

Una ricostruzione in linea con quanto il pentito ha ribadito a Reggio Calabria durante il dibattimento del processo ’Ndrangheta stragista: “Nel 1991 non mi sono incontrato con nessun calabrese. Per l’omicidio Scopelliti c’erano personaggi importantissimi, ma non abbiamo usufruito di nessun appoggio dai calabresi. Per quello che risulta a me”. Sono state queste le parole di Avola in aula nel maggio 2019. Pochi mesi prima, il procuratore Lombardo aveva notificato l’avviso di garanzia a 17 indagati, due dei quali oggi sono deceduti: il boss di Castelvetrano Messina Denaro e il boss di Archi Giovanni Tegano. Gli altri indagati sono i catanesi Marcello D’Agata, Aldo Ercolano, Eugenio Galea, Vincenzo Salvatore Santapaola, Francesco Romeo, e i calabresi Giuseppe Piromalli, Pasquale Tegano, Antonino Pesce, Giorgio De Stefano, Vincenzo Zito, Pasquale e Vincenzo Bertuca, Santo Araniti e Gino Molinetti.

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